L’inno trappista è l’inno del mondo adulto


di Alessandro D’Avenia

«Ma davvero ti piace Wagner? – Certo! Anche se ogni volta che lo sento mi viene voglia di invadere la Polonia!» così risponde Woody Allen a Diane Keaton, in Misterioso Omicidio a Manhatthan, con una battuta definitiva su chi strumentalizza la musica. Non credo sarebbe piaciuta a Platone che nella Repubblica scrive: «Non si introducono mai cambiamenti nei modi della musica, senza che se ne introducano nelle più importanti leggi dello Stato». Per il filosofo la musica era questione politica a tutti gli effetti e per questo censurava alcuni generi, i cui ritmi, parole e danze corrompevano gli animi, soprattutto dei giovani. È sempre andata così nella storia: le novità musicali sono ritenute pericolose da chi teme cambiamenti destabilizzanti. Goethe, mentore di Mendelssohn, vietava al talentuoso pupillo di ascoltare la musica di Beethoven, eccessivamente passionale. Alcuni si tappavano le orecchie in presenza dei cromatismi musicali di Wagner, che forzavano i naturali rapporti armonici della scala diatonica con semitoni che scuotevano oscuramente l’animo. I Beatles scandalizzavano perché avevano tradotto in suoni l’energia dei desideri dei giovani: quest’anno ricorrono i 50 anni del White Album, con le sonorità rivoluzionarie di Helter Skelter o Revolution. I geni artistici vivono e vedono, per primi, parti di mondo e di anima ancora in-visibili e in-vivibili, e riescono a tradurle per la prima volta nel loro linguaggio, rendendole percepibili a tutti, perché l’arte vera ha il dono di rendere abitabile la condizione umana in tutta la sua estensione, dal sottosuolo al cielo. I musicisti che seguono i grandi creatori si inseriscono nei loro filoni aurei fino a esaurirne le possibilità creative, poi qualcuno scova e inaugura una vena nuova. Il nostro è un tempo che musicalmente sta esaurendo filoni di decenni fa, portandoli alle estreme e opposte conseguenze: è il caso anche della musica trap («trap house» è un luogo abbandonato dove si spaccia droga) che mescola rabbia e beat del rap con voci contraffatte e ipnotiche, melodie aggressive e trasgressive, parole astutamente e politicamente scorrette.

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