di Orsola Riva
La scuola italiana? Non funziona più da ascensore sociale, ma da nastro trasportatore. Nel senso che porta tutti o quasi al traguardo del diploma ma senza riuscire a colmare le diseguaglianze di partenza. E’ questa la tesi di fondo del saggio-pamphlet Scuola di classe di Roberto Contessi, professore di storia e filosofia al liceo Giulio Cesare di Roma. Ma come, 50 anni dopo la Lettera a una professoressa di Don Milani, siamo ancora lì? «Sì e no – spiega il professor Contessi -. Perché oggi siamo di fronte a un nuovo classismo di tipo culturale: non più ricchi contro poveri ma culturalmente forti contro culturalmente deboli». Il punto non è tanto o non solo se la famiglia di provenienza è ricca oppure no ma se attribuisce un valore all’istruzione o se ne disinteressa. Se un ragazzo non ha alle spalle dei genitori culturalmente solidi non viene bocciato come accadeva ai tempi della scuola di Barbiana ai figli dei contadini e degli operai. No: lo si diploma. Ormai si diplomano tutti (non proprio tutti, in verità, visto che il tasso di abbandono è al 15 per cento con punte del 25 per cento in regioni come la Sicilia e la Calabria).
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