di Sergio Ventura
Sempre più spesso – forse per l’età che avanza – incontro persone sconsolate e deluse perché costrette a vivere giorni in cui i sogni di un tempo, personali e collettivi, svaniscono progressivamente, anche nei loro tratti più realistici, dentro un’onnivora opacità. Giorni in cui è diventato complicato persino mettere al servizio della polis, della comunità, le competenze acquisite in ambito lavorativo, quando esse non vengano ostacolate come se fosse una colpa averle sviluppate.
Possiamo dunque stupirci o rimproverare queste persone, dai sentimenti a me non estranei, quando ci confessano quasi rassegnate di essersi ritirate nei loro affetti familiari, concedendosi tra le poche gioie rimaste il mangiare e il bere in allegra compagnia? Come non comprendere, dunque, coloro i quali “ai giorni di Noè (…) mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito” (Mt 24,37-38)?
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