di Claudio Cristiani
In un saggio comparso nel 2010 intitolato La prima generazione incredula, il teologo Armando Matteo ha affrontato con lucida schiettezza il problema della disaffezione dei giovani rispetto alla fede, attribuendo ad essi «una sordità che dice incredulità, ovvero un’assenza di antenne per ciò che la Chiesa è e compie, quando vive e celebra il Vangelo. Una sordità, poi, avallata da una cultura diffusa resasi ormai estranea al cristianesimo e da una recente ondata di risentimento anticattolico che non piccola presa ha proprio sulle nuove generazioni».
In effetti, alcune analisi condotte da sociologi e istituti di ricerca sembrano confermare questa tesi. Tesi che, però, non è del tutto condivisa da molti, tra gli altri da Alessandro Castegnaro, che a partire dalle indagini condotte con l’Osservatorio socio-religioso triveneto arriva a conclusioni più raffinate e che colgono sfumature tali da non permettere di liquidare i problemi dei giovani in ordine alla fede come una grossolana «assenza di antenne». Io sono convinto che la generazione dei giovani di oggi sia ben lontana dall’essere sorda o priva di «antenne» per captare l’annuncio delVangelo, anche se è evidente la distanza rispetto ai modi e al linguaggio con cui la Chiesa cerca di diffondere questo annuncio. Credo invece che sia la meglio disposta, da molti anni a questa parte, a riscoprire l’originalità del messaggio cristiano e a viverlo senza ipocrisie. È quella che può offrire a tutti, anche e soprattutto a chi giovane non è più (almeno anagraficamente), l’occasione imperdibile di riavvicinarsi quanto più possibile alla prima generazione dei credenti.
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