di Alessandro D’Avenia
La memoria è il modo in cui il tempo degli orologi, sempre in movimento, si incontra con l’eternità fatta di istanti talmente densi di senso da essere fermi. Per questo il mio primo disastroso giorno di scuola di prima elementare è nella mia memoria un motore immobile.
Avevo cinque anni, ero all’asilo, l’unico periodo scolastico in cui imparare coincide con creare, che coincide con crescere. Creavo soprattutto con il pongo: astronavi per scontri apocalittici con i miei amici. Sedevamo attorno a banchi disposti a quadrato, ci guardavamo in faccia e le nostre mani agivano su uno spazio pieno di possibilità. Nessuno di noi sospettava che la scuola “dei grandi” avesse banchi a trincea, controllati dalla torretta-attedra da occhi-mitragliatrice.
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