«Noi siamo per l’accoglienza diffusa attraverso le cooperative, proprio per evitare assembramenti che creino problemi, ma non siamo stati interpellati». C’è amarezza nelle parole di don Davide Schiavon, direttore della Caritas di Treviso, che imputa le tensioni di Quinto, da una parte«all’incapacità gestionale dell’Italia», che persegue la via delle «scelte improvvisate». E, dall’altra, al «bombardamento mediatico, che esaspera i toni e soffia sul fuoco».
«Pur comprendendo lo sbigottimento, la rabbia delle persone che in dieci minuti si sono viste arrivare un centinaio di profughi, senza essere state prima avvisate», continua don Davide, «a me viene un riflessione in un’ottica più ampia: se con la violenza otteniamo il risultato che volevamo (a seguito delle proteste, i profughi sono stati trasferiti in una caserma dismessa, ndr), quale società stiamo costruendo? Tutto questo fa paura anche a me. Davanti ai nostri centri di accoglienza, quanta gente arriverà a protestare? E in che modo?».
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