“Quando un uomo non è perseguitato a causa delle sua fede non è facile sapere quello in cui crede e quanto profondamente vi crede. In realtà, quello in cui credo è ciò che accetterei di sostenere di fronte all’ironia, al silenzio o al disprezzo di coloro che stimo. […] Crediamo veramente solo in quello per cui accetteremmo, nel caso ci trovassimo nella situazione, di essere considerati idioti e soffrire”
(Jean Guitton, Che cosa credo, p. 20).
Recentemente un amico sacerdote mi ha invitato a parlare al suo gruppo di giovani sul tema, ampio e complesso, dei “laici (giovani) nella Chiesa e nel mondo di oggi”. Questione su cui si dibatte da decenni, e su cui si è ascoltato e letto di tutto. Mi è venuto in soccorso un Maestro del secolo scorso, Jean Guitton, il filosofo cattolico che ha attraversato il Novecento. Ho ripreso un suo splendido libretto, Che cosa credo, scritto all’inizio degli anni ’70, e ho chiesto ai ragazzi di fare l’esercizio che Guitton suggerisce al lettore: andare alla radice della propria fede personale, chiarire a se stessi che cosa si crede, perché da lì
deriva poi il resto: “per sapere cosa si pensa o che cosa si crede, io consiglio un doppio esercizio. Il primo consiste nell’allargare il proprio pensiero, e nel tradurlo in migliaia di frasi […]. Il secondo esercizio, più difficile, consiste nel ridurre ciò che si pensa a un assioma e, se possibile, a un punto”.
Compito arduo, come ho sperimentato, prima di proporlo ai giovani ascoltatori. Ovviamente, nello spazio di pochi minuti, ho domandato loro di ridurre ciò in cui credono a una frase di pochi termini, senza però usare le formule canoniche del Credo, e di scriverla su un foglio. Un lavoro personale, in sostanza. La parola più gettonata è stata, come c’era da aspettarselo, “amore”, ma con sfumature diverse: amore e famiglia, amore e amicizia, amore eterno… Nessuno ha scritto “Dio”, perché incluso in “amore”. La seconda parte, cioè quella in cui i ragazzi dovevano ampliare le proprie convinzioni di fede in tante enunciazioni, l’ho lasciata alla loro meditazione personale.
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