di Massimo Pallini per http://www.lavoce.info/
La riforma della scuola proposta dal ministro Giannini ha suscitato una levata di scudi: i sindacati di base hanno proclamato una giornata di sciopero; numerose associazioni di insegnanti hanno indetto una raccolta di firme, che in pochi giorni ha raccolto oltre 60mila adesioni, per una petizione al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, perché non approvi la riforma in ragione dei numerosi profili di incostituzionalità.
Bersaglio principale delle critiche sono i poteri di direzione e di organizzazione degli istituti scolastici e del relativo corpo docente che si intendono attribuire ai dirigenti scolastici, i presidi di un tempo. A questi ultimi, invero, la riforma destina un ruolo cruciale nella conduzione degli istituti scolastici: decideranno la programmazione triennale dell’offerta formativa della scuola che dirigono, ne gestiranno il budget, determineranno il relativo fabbisogno di personale e, soprattutto, sceglieranno di triennio in triennio i docenti da impiegare. La scelta dovrà esser operata tra i docenti (vincitori di concorsi su base regionale) iscritti a un albo territoriale secondo una procedura selettiva di cui è garantita la trasparenza e la pubblicità, ma che sostanzialmente si fonda su valutazioni discrezionali del dirigente scolastico. Di qui i paventati rischi di incostituzionalità della riforma per violazione della libertà dell’insegnamento garantita dall’articolo 33 della Costituzione, per un verso, e della imparzialità nella gestione delle pubbliche amministrazioni tutelata dall’articolo 97 della Carta, per altro verso.
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