Parla nel suo ufficio dell’Arcivescovado, palazzo seicentesco nel cuore di Torino, a poche centinaia di metri dal Duomo in cui tutto è pronto per accogliere pellegrini di ogni parte del mondo, spinti dal desiderio di vedere da vicino l’immagine di quel corpo, di quel volto, di quello sguardo. Guida la diocesi di Torino ed è Custode pontificio della Sindone, monsignor Cesare Nosiglia. A Famiglia Cristiana spiega perché e come si è giunti a questa ostensione che si apre il 19 aprile e si chiude il 24 giugno, nel giorno di San Giovanni, patrono della città.
Eccellenza, qual è il significato spirituale di quest’evento?
«Sicuramente la concomitanza con il Giubileo salesiano (200 anni dalla nascita di san Giovanni Bosco) è determinante: qui a Torino l’esperienza dei cosiddetti “santi sociali”, don Bosco per primo, ha lasciato un’eredità tangibile che merita un’attenzione speciale. Ma il senso dell’ostensione va anche oltre. In una società rimasta senza fiato e duramente provata dalla crisi, in una terra che appena un mese fa è stata colpita al cuore dagli attentati di Tunisi (tre delle vittime erano piemontesi, ndr), in uno scenario internazionale funestato da violenza e barriere ideologiche, la Sindone può essere un potente richiamo alla speranza, un invito all’unità rivolto ai cristiani ma capace anche di travalicare i confini della Chiesa. È proprio ciò che abbiamo cercato di sintetizzare nel motto dell’ostensione: “L’amore più grande”».
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