di Stefania Falasca
Coerenza con il magistero, attenzione alle Chiese locali sottoconsiderate e sottorappresentate, libertà. Sono forse queste le note caratterizzanti delle nuove nomine cardinalizie di papa Francesco.
È stato subito notato come la maggior parte dei nuovi porporati siano del sud del mondo: dall’Africa alle Isole Tonga. E tre dei quattordici Paesi rappresentati – Capo Verde, Myanmar e Tonga – avranno un cardinale per la prima volta nella storia. Un buon numero sono pastori di piccole comunità ecclesiali, in situazioni di minoranza o in regioni travagliate dalla violenza. Altri sono presidenti di Conferenze episcopali.
È un avvenimento ecclesiale che ricalca una “geografia missionaria”. Il disegno di una geografia particolarmente curata che quello è proprio di una Chiesa «in uscita». E in questo le nomine non costituiscono una sorpresa imprevista. Riflettono coerentemente la via indicata da un magistero papale attento e concretamente rispettoso delle realtà ecclesiali locali per una effettiva universalità della Chiesa. Le nuove sedi, che non hanno avuto precedenti, diventano così sedi privilegiate per l’aggiornamento della Chiesa. E al tempo stesso danno forza a quelle comunità ecclesiali. In un mutuo confronto che può favorire e sviluppare una collegialità reale e favorire la crescita e l’edificazione della comunione ecclesiale.
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