Se il giogo è un elemento oppressivo, perché Gesù viene a imporcene un altro (seppure leggero) invece che liberarci?!
Forse qui Gesù vuole ricordarci la necessità del giogo per impedire che l’animale da traino vada fuori strada. Siccome è impossibile fare a meno del giogo, ce ne viene dato uno leggero… Ma questo aprirebbe la discussione su quale giogo ci verrebbe dato. Dal momento che spesso si parla del giogo della legge mosaica (cfr. At 15,10 o Gal 5,1), si tende a contrapporre quel giogo alla legge di Cristo. In sostanza il credente sarebbe invitato a deporre i precetti della Torah (pesanti) per assumere quelli dell’insegnamento di Gesù (leggeri). Ora, è assai discutibile che i precetti dati da Gesù siano più leggeri delle norme mosaiche. Anzi, il discorso della montagna evidenzia che l’interpretazione di Gesù non è affatto lassista, ma addirittura più rigorosa delle tradizioni dei padri. Pensiamo poi alla valutazione della concessione del diritto di ripudio fatta da Mosè e
giustificata da Gesù solo come una concessione a causa della durezza dei cuori (Mt 19,8)!
Personalmente, quindi, sono propenso a credere che con l’immagine del giogo Gesù non si riferisca ai suoi insegnamenti, ma a se stesso, come se dicesse: “Prendetemi come se fossi il vostro giogo”. Se, infatti, usciamo dalla logica del considerare negativamente lo strumento in questione, ci accorgiamo di quanto sia importante che le nostre vite siano indirizzate a una meta per non deviare a destra o a sinistra. E a questo aggiungerei ancora un elemento. Spesso il giogo è utilizzato per far lavorare gli animali in coppia di modo che restino appaiati e non vanifichino i loro sforzi.
Una chiesa in cui i credenti sfuggono al giogo di Cristo è inevitabilmente condannata a vanificare i suoi sforzi. Ci si libera del peso di un giogo e ci si carica del fardello di un lavoro disordinato e perciò inutile.
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