di Alessandro D’Avenia
Tornano a trovarti. Il martedì alle 12 ho un’ora di buco e spesso il caffè è dedicato a loro. Gli ex-alunni con le loro vite che hanno preso il largo. A volte felicissimi della strada intrapresa. A volte provati da un cambio di direzione, dopo qualche mese nella facoltà universitaria che avevano scelto. Vedi nei loro sguardi la paura di un fallimento: ho sbagliato a scegliere il mio futuro? Mi sono tradito?
Purtroppo oggi non si può fallire e questo comporta la frantumazione della vita come storia, in cui le scelte sbagliate non sono considerate parte del viaggio, ma errori da cancellare, come se non fossero mai esistiti. Ma la vita non è come le vecchie lavagne. Non c’è il cancellino, come pretende un’antropologia dis-integrata, cioè che letteralmente non integra la vita tutta, non l’accetta come totalità, ma ne accoglie solo i pezzi scintillanti (come se fosse possibile…). Cerco di far capire loro che quell’aggiustamento di rotta è solo questo: un aggiustamento di rotta. Il porto è rimasto lì.
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