di Walter Moro
L’abbandono precoce della scuola che si registra nell’obbligo d’istruzione, in particolare nell’arco che va dagli 11 ai 16 anni, e che investe da un lato la scuola secondaria di primo grado e dall’altro il primo biennio della secondaria superiore, è uno dei nodi non risolti della politica scolastica del nostro paese. In questo arco di tempo il nostro sistema scolastico perde oltre il 20% degli studenti provenienti in generale da strati sociali deprivati culturalmente e socialmente. È sconfortante osservare che, a 50 anni di distanza dalla famosa “Lettera a una professoressa” di Don Milani, in cui si denunciava che il “principale difetto della scuola italiana sono i ragazzi che ancora disperde”, la sfida di avere una scuola capace di “dare di più a chi ha di meno” non è stata ancora vinta. È questa, però, il traguardo principale che il nostro paese deve raggiungere: avere un sistema di istruzione dell’obbligo capace di combattere le disuguaglianze e di garantire il successo a tutti gli studenti.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di azzerare la dispersione, di “rimuovere gli ostacoli” che limitano di fatto “l’uguaglianza dei cittadini,” che “impediscono il pieno sviluppo della persona” (art. 3 della Costituzione).
L’Unione Europea ha indicato, nei FSE del 2014/2020, come prioritaria per il nostro paese la lotta contro la dispersione scolastica. Anche nel documento dei saggi nominati dal Presidente Napolitano si sottolinea la necessità di “definire urgentemente un programma speciale per ridurre l’abbandono scolastico specialmente nelle grandi città”.
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