di Antonio Nalli per Biro
La Valle del Sacco, ovvero quei territori che dalla provincia di Roma a quella di Frosinone, sono attraversati dalle acque di uno dei fiumi più inquinati della Penisola, al punto da condizionare irrimediabilmente migliaia di terreni agricoli, dove è fatto di vieto di pascolo e coltivazione e dove la stessa popolazione residente, si trova costretta a fare i conti con il beta-esaclorociloesano, un veleno prodotto dallo scarto della lavorazione del lindano, non sarà più un’area considerata di Interesse Nazionale.
Un recente Decreto Legislativo del Ministero dell’Ambiente, a firma di Corrado Clini, declassa infatti, questo sito di bonifica di Interesse Nazionale (SIN) a Sito di Interesse Regionale (SIR), insieme a un terzo degli attuali SIN presenti sul territorio italiano.
Il tutto nel silenzio più assordante delle istituzioni e delle amministrazioni locali, per nulla coinvolte in questa decisione, dove il governo centrale sembra voler soltanto e definitivamente, togliersi di torno una grana, senza aver affatto risolto alcun problema e tantomeno aver avviato un processo di riqualificazione di questi territori.
Un’azione compiuta così “dall’alto”, che non ha ritenuto opportuno coinvolgere neanche la popolazione e le associazioni ambientaliste presenti nel territorio.
Ma su quali fondamenti poggia la conversione dei SIN in questione in SIR, e quali conseguenze dovrebbe comportare il Decreto Legislativo?
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