Due di due, alla vigilia di Natale


Francesco con bacchettedi Daniela Marro

Torno a casa dopo una giornata trascorsa a scuola, apro la cartella sempre troppo gonfia e pesante, ed estraggo il libro che Vittoria mi ha consegnato insieme agli auguri facendo timidamente capolino dalla porta della V C. Un abbraccio veloce – per non interrompere, come si conviene, la lezione –, il mio grazie un po’ esitante, e poche parole, le sue, quasi sussurrate all’orecchio: “Un capitolo è dedicato a Francesco…”.

Adesso – dopo aver rimandato, rinviato: per non guastare, per non bruciare un’emozione, e non per effettiva mancanza di tempo – apro il libro dopo aver osservato e apprezzato la copertina (è una collana che conosco), e diligentemente leggo l’indice (così si deve fare, ci mancherebbe) perché non ho tanti occhi da passare rapidamente in rassegna le varie parti di cui si compone per concentrare la mia attenzione sui passi dedicati al caro Francesco. Conosco benissimo la scrittura di Tarcisio Tarquini, anche lui cultore di Tommaso Landolfi, come me, e anche lui, come altri pregevoli nomi della saggistica degli ultimi decenni, occasionale compagno dei miei giorni trascorsi a preparare la tesi di laurea…una scrittura spesso élitaria, mai facile o banale, talvolta esibita con ostentazione nel suo essere per pochi e non per tutti, al pari degli argomenti che ha prediletto nel corso del tempo… sapevo della sua carica presso il Conservatorio di Frosinone, della quale non mi ero mai particolarmente interessata, e so adesso – il libro lo testimonia – di un suo interesse sincero e non opacamente istituzionale. Ieri, oggi, domani – passato, presente, futuro: ancora il tempo a concederci il suo asse cartesiano, ancora il tempo a dettare la sua legge, a ordinare, a costringere, a ingabbiare. Dove saranno le pagine di Francesco? Voglio leggerle, e subito: nel mio animo non percepisco che la distensio di Agostino… e procedo velocemente, dritta, al segno: so che Francesco è stato il passato ma non ne è stato catturato, so che non è il presente perché il dolore per la sua assenza terrena è occasione di debolezza e forza per chi gli ha voluto bene, ma so che è certamente, sicuramente,senza ombra di dubbio il futuro: intuisco il senso profondo della scelta di Tarquini, e le sue parole – che sono pensieri, che sono espressioni della mente umana, come scrisse il poeta di Recanati –vitt mi guidano verso la prima pagina di Due di due…Francesco è lì, con i suoi progetti portati avanti dal fraterno amico Fabrizio Bartolini, con il suo senso del gruppo, con il suo maestro di percussioni, con il suo modo di vivere la passione per la musica (ovvero: vivendo intensamente tutte le componenti di un’esistenza “normale”), con la sua eredità, fatta di sentimenti penetrati nel profondo del cuore di chi ha condiviso con lui esperienze importanti e della vis creativa dei suoi amici, ma fatta soprattutto dell’impegno costante dei suoi genitori nel creare una “famiglia” d’affetti e d’arte per tutti i giovani di buona volontà.

TarquiniSono ancora poche, semplici parole a regalarmi il punto più alto di una forte commozione. Quando, nella prima pagina, l’intellettuale innamorato del forbito eloquio e delle ardite metafore del nostro conterraneo di Pico, scrive, commentando una foto di gruppo in cui individua il volto non comune di Francesco, “Ha una faccia ancora da bambino, con un curioso taglio di capelli che mi fa venire in mente la testa di un passerotto che sta mettendo la prime piume”, io avverto i brividi di un miracolo…sono le parole di una madre, della più comune delle madri. Una madre che si impossessa di noi – forse la stessa musica è maternamente genitrice di tutte le forme d’arte (il ritmo sciolto per le note come per la poesia, il ritmo del segno nello spazio per le discipline legate alla visività) – nel momento in cui abbandoniamo strutture, sovrastrutture e pseudo-illusioni da engagement in nome di una humanitas senza tempo, senza età.

Grazie, Francesco, per essere ancora quello che sei stato. Grazie, Pietro e Vittoria, per il bel dono e per la vostra testimonianza d’amore per la vita. E grazie anche a te, Tarcisio, per il tuo coraggio, il coraggio che anima ancora chi, in tempi di falsi profeti di parodie d’apocalissi e di profetici tassi d’interesse, scrive libri intelligentemente “sovversivi” e “fuori moda” con l’arte segreta, antica e paziente del liutaio.


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