Ci ha traditi la fretta di ripartire


Il racconto della seconda scossa di Fausto Tagliani, presidente diocesano dell’Azione Cattolica  di Ferrara Comacchio

Dopo una settimana di scosse sempre più leggere e meno numerose, pensavamo che il peggio fosse passato. Quasi la metà delle scosse erano inferiori ai 2 gradi. Da ieri un leggero incremento per numero e intensità, ma nulla di preoccupante, in particolare nella parte diocesana ferrarese. Eravamo tutti concentrati nel verificare e sistemare case e aziende, a San Carlo la situazione continuava a preoccupare e tra Finale e San Felice continuavano a sentire le scosse.

La settimana scorsa avevo rimandato un impegno di lavoro a Guastalla in provincia di Reggio Emilia, il responsabile della sicurezza sul lavoro era troppo impegnato nelle verifiche dopo le scosse del 20 maggio. Per lavoro mi occupo di installare software per la gestione delle risorse umane e per la gestione della sicurezza sui luoghi di lavoro. Avevamo concordato oggi martedì 29 maggio.
Io abito a meno di 10 km da Sant’Agostino, il comune diventato noto per le immagini del municipio ripreso il pomeriggio di Domenica 20. Per raggiungere il cliente a Guastalla avrei attraversato da est a ovest un bel numero di località colpite dal terremoto.

Prima delle 8 del mattino ero in auto e notavo le tante tende montate e abitate nei giardini dei quartieri periferici di Finale Emilia e Massa Finalese, evidentemente la paura teneva lontano dalle case gli abitanti nonostante l’agibilità certificata dai vigili del fuoco e dai tecnici preposti dai comuni. I campi allestiti dalla protezione civile erano già brulicanti di volontari attivi nei servizi.

A Mirandola decido di utilizzare la strada che gira più all’esterno rispetto al centro storico, quasi con un senso di pudore per non essere troppo curioso e morboso nei confronti degli sfollati.

Passo Concordia sulla Secchia, arrivo a Moglia in provincia di Mantova e a Reggiolo entrando in provincia di Reggio Emila. Sono le 9 meno 5 e decido di telefonare ad un mio cliente di Medolla a 5 Km a sud di Mirandola che produce macchine per dialisi, prodotti fondamentali per salvare vite umane.

Il telefono squilla e mi risponde Simona, il mio referente all’interno dell’azienda, mi racconta la paura per le scosse della settimana, gli uffici devastati e inagibili, della sistemazione di fortuna nell’unica palazzina delle tre a disposizione che è rimasta agibile. Tecnici e impiegati gomito a gomito nell’unico spazio disponibile, anche tutti i server sono stati spostati, alcune parti dello stabilimento hanno avuto lesioni e la produzione è ferma. Il timore è che la multinazionale proprietaria del marchio e dei brevetti possa spostare la produzione altrove, per questo motivo sono tutti concentrati nel ripartire prima possibile con la produzione e la spedizione dei prodotti.

Mi racconta della stanchezza che ormai toglie forza a tutti, la preoccupazione per le bambine che di notte non riposano, nelle case la veglia legata all’insicurezza, in auto la scomodità e l’impossibilità di riposare adeguatamente.

Sento la macchina sbandare leggermente e scuotere, correggo con il volante la direzione e penso che il telefono fa distrarre, ma contemporaneamente dal ricevitore un frastuono, un rumore sconvolgente dove noto distintamente il rumore prodotto da ogni oggetto presente in un ufficio, come se tante mani avessero cominciato a percuoterli come percussioni, con frequenza rapidissima.

La mia amica urla, IL TERREMOTO, e sento i suoi passi e le sue parole. “Sono scosse fortissime, ti lascio” e cade la linea. Immediatamente chiamo mia moglie e mia figlia e ho molta difficoltà a trovare la linea, perché immediatamente le celle telefoniche si saturano di chiamate. Parliamo giusto il tempo per fare l’elenco delle persone da contattare per verificare la loro incolumità, intanto arrivo a Guastalla, mi concentro sulla radio e sulla guida perché avverto chiaramente anche la scossa delle 9.07. Tutte le persone sono in strada e tutti gli operai dell’azienda dove mi sono recato sono nel piazzale, esco dall’auto e il loro responsabile alla sicurezza parla al megafono e invita tutti a ritornare a casa.

Anche oggi il nostro appuntamento deve essere rimandato e decido di tornare a casa, perché intanto mi dicono che anche a Carpi, dove si trova la sede dell’azienda per cui lavoro, la scossa è stata terribile e ci sono troppe lesioni nei muri, i centralini sono saltati e la preoccupazione di ritrovare figli e parenti fa decidere tutti per un ritorno alle proprie case.
Ricomincio il percorso questa volta da ovest a est, circa 90 Km che mi portano a Reggiolo, a Moglia mantovana, dove intuisco che nel centro storico ci sono stati danni, infatti il municipio e la chiesa sono crollati in più parti. A Concordia hanno chiuso il centro storico e mi dicono che è crollata anche la caserma dei carabinieri, arrivo a Mirandola e vengo dirottato verso il centro e posso notare la devastazione del centro, vedo il campanile ferito e il via vai di ambulanze e auto della protezione civile e della polizia. Mi trovo sulla statale 12 che collega Verona con Modena e arrivo a San Giacomo nel comune di Medolla e vedo lo stabilimento del cliente con cui ero al telefono alle 9 e stanno uscendo ambulanze, che per fortuna vanno a forte velocità. Buon segno: almeno sono feriti, ma vivi. Per tutta la strada capannoni semicrollati e davanti ad un capannone un camion con delle travi di cemento e la gru pronta ad operare, segno della fretta e della voglia di sistemare e ricominciare che aveva spronato tutti a fare in fretta, forse troppo in fretta.

Poi Cavezzo, Camposanto, Crevalcore, Cent,o gran parte dei centri storici, per circa 50 km, sono distrutti, il patrimonio storico culturale e spirituale è andato perduto, ma anche il patrimonio produttivo è devastato, speriamo che non succeda il peggio. Speriamo e preghiamo che le faglie smettano di spingersi l’una con l’altra come anche noi facciamo troppo spesso per prevalere gli uni sugli altri.

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