Era venuto al Liceo, pieno di entusiasmo: certo non parlava bene l’italiano, spesso non capiva le lezioni in classe ma c’era tutta la voglia di riuscire a farcela, di cambiare, grazie alla scuola, un’esistenza segnata dalla storia inclemente che passa sopra le vicissitudini personali.
Non ce la fece, nonostante tutti i tentativi di aiutarlo: ricordo il dispiacere provato personalmente per l’abbandono del Liceo e, al contrario, il piacere dei rari incontri in cui ho avuto possibilità di rivederlo, sempre pieno di speranza.
Ora quella speranza si è infranta a pochi metri da Piazza Berardi in una città che sembra non essere stata molto toccata dal volo di Elis.
Eppure le domande dovrebbero assillarci. Che c’è dietro quel salto? Quante disattenzioni hanno contribuito a spingere quel corpo al di là della finestra? Chissà, forse sarebbe bastata una parola, un sorriso, una stretta di mano… chissà?
Elis è il segno di un fallimento, di una distrazione collettiva, di un’incapacità di leggere il disagio che poi ci sorprende con la sua cruenta durezza.
Ciao, Elis, ora sei nelle braccia di chi è capace di portare su di sé il peccato del mondo… e perdonaci per quello che non abbiamo saputo fare.
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Ti ringrazio per queste belle parole. Parole che, se da un lato ci tengono legati a questo ragazzo, dall’altro ci mostrano quell’orrendo precipizio di solitudine, indifferenza e incomprensione che troppo spesso abbiamo sotto i nostri piedi e che non sappiamo vedere…
Elis perdona tutti noi e proteggici se puoi..