Viviamo in un contesto culturale in cui prevale l’esteriorità che si vuole creativa, ma che spesso è solo proliferazione di stimoli di immagini e parole. L’interiore è vuoto e fa paura. Ne deriva il disagio della persona a rimanere con se stessa nel silenzio.
Antonio Mastrantuono ci aiuta a ragionare
Un giorno un discepolo domandò al maestro: «Parlami della preghiera!». Il maestro rispose: «La dottrina della preghiera è suddivisa in dieci capitoli. Se farai attenzione, te ne dirò qualcuno: parlare poco è l’argomento del primo; tacere è l’argomento degli altri nove capitoli.Se la tua anima prenderà l’abitudine di tacere, ogni atomo ti parlerà. Tu mormori come un torrente, ma se imparerai a tacere, diventerai oceano. In questo oceano ti immergerai e coglierai la perla della preghiera!». Il valore del silenzio, dunque.
L’uomo di oggi, invece, ha tanta paura della pausa, del silenzio; soffre di horror vacui, quell’incredibile malessere che assale quando tutto tace e ci si trova spinti a guardare in faccia alle cose finite e a quelle che appaiono infinite.
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