Enjoy’a’t’v’: il ciccanenglish di Erie, Pennsylvania


Enjoiat’v’, divertit’v’,  il ciccanenglish di Josephine Pizzuti racchiude in sé la storia di tre generazioni di italiani d’America. Costretti a lasciare l’Italia per sfuggire alla disperazione della mancanza di lavoro ed ora persone rispettate ed influenti della Pennsylvania, lo stato delle verdi foreste di William Penn, abitato ancor oggi dagli Amish, la popolazione anabattista che vive, senza automobili e corrente elettrica, come nel ‘700, quando lasciarono la Svizzera tedesca per sfuggire alle persecuzioni religiose.

Questa terra li ha accolti, apprezzando il duro lavoro che erano disposti a sopportare per salvare le famiglie dallo spettro della mancanza di cibo. Josephine, Giuseppa, lasciò l’Italia in una delle ultime ondate migratorie. Alla fine degli anni ’60, l’Italia si apprestava a vivere il suo boom economico ma a Ceccano gli effetti del miglioramento sostanziale delle condizioni di vita non si facevano ancora sentire.

Suo marito era partito l’anno precedente per Erie, il porto industriale sull’omonimo lago, dove nei decenni precedenti si erano trasferiti in tanti dalla Cardegna. C’erano molti parenti che avevano creato una specie di Little Italy, sulle sponde del lago che d’inverno ghiaccia completamente, con  le temperature  che normalmente raggiungono i 20-25 gradi sottozero, e  la pioggia ghiacciata sferza le strade mentre le onde del lago si cristallizzano in suggestive dune trasparenti.

Il marito, Nicola D’Annibale, era partito per Erie dopo anni di attesa: il fratello di quest’ultimo, Luigi, si trovava lì da anni, una bella casa, acqua calda, riscaldamento, frigorifero, televisione, automobile, cose da sognarsi alla Cardegna. Figli nati lì che andavano a scuola ed avevano un futuro assicurato davanti. E poi, raccontava Luigi, la Pennsylvania assomiglia alla Valle: un insieme di colline decrescenti verso il lago, tanti alberi, tanti prati verdi, tanta terra fertile, nonostante il clima. Altri due fratelli erano emigrati ma si erano fermati a New York e dopo qualche anno avevano preferito tornare alla Cardegna, non abituandosi ai ritmi infernali della big apple. al suo rumore incessante, alla fretta incredibile dei newyorkers.

Per Nicola, invece, sembrava non ci fosse posto negli States. Aveva  ormai 50 anni: era passata l’età dei facili entusiasmi e aveva già due figlie, una nata da poco. E poi c’era qualcosa di misterioso nelle chiamate dagli Stati Uniti, alcuni partivano, altri no. A Ceccano,  in modo un po’ misterioso e del tutto incomprensibile per dei poveri contadini (villani) della Cardegna, c’era chi governava permessi, biglietti, trasporti.. e chi partiva di solito non era uno che si intendesse di viaggi. Tutto stava nel fidarsi. Improvvisamente. Quando aveva già rinunciato all’idea, arrivò la chiamata anche per lui, per Nicola.

Che fare? discuteva con Giuseppina, partire tutti insieme o lasciare la famiglia 7000 chilometri distante? Nicola non ebbe esitazioni: parto da solo, disse a Giuseppa, per calmarne l’agitazione,  verifico la situazione, poi vedremo. Così dopo un anno, Nicola, che aveva lavorato duramente in una fabbrica di cemento per poi fare il muratore alla sera e nei week end mentre gli altri riposavano, finalmente scrive alla moglie: qui si può vivere, meglio che alla Cardegna, venite. Qui le case sono calde, ci sono le scuole per le ragazze; i figli di mio fratello e quelli degli altri ceccanesi si sono perfettamente integrati. Vanno anche all’università.  Se voi non verrete, conclude la lettera, tornerò a Ceccano anch’io.

Giuseppina è così costretta alla scelta della sua vita: lasciare il luogo natio, la Cardegna, dolce di clima, ma incapace di nutrire a sufficienza le famiglie che vi abitano, e andarsene “alla merica” con le due figlie, Giovanna e Nunziata, che ancora va scuola, ha iniziato la prima media, o invece rimanere nella valle e sperare che la mucca, la vacca anzi, non si ammali e tolga quel po’ di sostentamento che riesce a dare. Sono le figlie a fare la differenza: Nicola e Giuseppina non emigrano per migliorare il loro destino ma per il futuro delle figlie. Una scommessa che a Giuseppina, oggi, a 40 anni di distanza, sembra di aver vinto.

Giovanna e Nunziata D’Annibale, la seconda generazione negli Usa, sono due rispettabili ladies ad Erie. Hanno  belle case, con il giardino e il prato all’inglese,   tutte le comodità possibili nell’avanzata società americana, aria condizionata in ogni stanza, garage, laboratorio… più frigoriferi che persone. E le due abitazioni sorgono in posizioni che ricordano il dolce degradare della montagna verso la valle, il rio maggiore (gli foss’), gli alberi, tanta acqua a disposizione. Certo non ci sono le querce, al loro posto domina l’acero, ma i conigli se ne vanno liberi nei prati e Giovanna con il marito Dominic Cipriani, nato negli States ma ceccanese purosangue, ha realizzato  il suo orto come suo padre aveva già fatto nelle vecchie abitazioni di downtown. E pomodori, fagiolini, cipolle, cetrioli vengono su come alla Spina, mentre nelle lunghe e gelide giornate invernali si insaccano squisite salsicce ed uno straordinario capocollo per il quale Dominic si fa mandare la pelle apposta dall’Italia. E poi Dominic, da quando è retired, in pensione, è una vera kitchen machine, una macchina da cucina: pasta all’uovo, gnocchi, frittelle di natale anche se siamo in agosto. Ti sembra di stare alla Spina ma in realtà sei in Pennsylvania.

Certo, davanti alla loro bellissima casa, garrisce al vento la bandiera a stelle e strisce come in tante altre abitazioni di quest’area, ma appena varchi la soglia la forza della tradizione riprende il sopravvento. Il telefono li unisce a Ceccano: non hanno ancora sperimentato webcam e skype, ma lo faranno. E al telefono la lingua è il ceccanese cristallizzato al momento in cui lasciarono la Cardegna,  lingua madre e carissima, ricca di tante espressioni che oggi hanno abbandonato il dialetto contemporaneo e che si rischia di perdere definitivamente se non se ne preserva tradizione e ricchezza.

Nunzia, la sorella più giovane, ha una casa a Peak’n peek, su un campo da golf: ha scoperto di essere dotata per questo sport e ne è campionessa nella categoria ladies, come testimoniano le targhe orgogliosamente appese alla parete.  Ha una case anche in Florida, dove trascorre 7 mesi all’anno, quelli più freddi, per poi tornare ad Erie da maggio ad ottobre. Ha sposato un gentiluomo, Joe Dahlkemper, la cui personalità e le cui vicende meriterebbero un libro, come effettivamente ha scritto: nato un anno prima della grande depressione, Joe è il vero modello del self made man. Ha cominciato come paper boy, uno di quei ragazzi che alzandosi due ore prima degli altri, percorrono le strade della città per consegnare l’Erie New  Time. Aveva 108 clienti, un dollaro e 8 cent di guadagno al giorno per arrivare nel tempo a diversi milioni di dollari l’anno.

Ancora oggi, per le strade di Erie, si possono vedere ragazzini che vendono la limonata a mezzo dollaro al bicchiere, uno all’incrocio a fare il sandwich man e l’altro in una zona un po’ appartata,  dove il cliente possa ristorarsi un po’ dalla frenesia del traffico. Questo è lo spirito dell’America che ha affascinato Nicola e i suoi fratelli, l’apprezzamento assoluto del lavoro come dovere esistenziale.

Così Giovanna e Nancy, arrivate fanciulle in Pennsylvania,intimorite dalla neve e dalla diversità,  hanno studiato ben oltre le loro coetanee rimaste dalla Cardegna. Superando le iniziali difficoltà del linguaggio, utilizzando la tv come moltiplicatore lessicale, si sono integrate perfettamente ma hanno conservato la loro lingua madre, quel ceccanese che intriso di anglismi diventa il ciccanenglish. Un curioso ma sonoro ed affascinante modo di parlare che non inventa parole, come il brooklyno, ma utilizza i due lessici alternando forme grammaticali e sintattiche.

Ma torniamo a Giuseppina, combattuta dai consigli di amici e parenti, molti dei quali la scoraggiavano di lasciare “l’ sei”, anche se lei di suo non aveva in realtà niente, preoccupata da un mal di testa atroce che la tormentava fin dalla nascita della prima figlia. Letta e riletta la lettera del marito,  si decise: prese tutto quel poco che aveva, lo stivò nei bauli e insieme ad un gruppo nutrito di ceccanesi, in pullman, con relativo corteo di parenti per l’ultimo saluto al porto, si avviò per Napoli.

Strazianti furono le scene dell’imbarco ma altrettanto straziante fu la traversata, disturbata da un fortunale che durò oltre 5 giorni. Giuseppina non ha visto niente dell’Atlantico, non ha visto neppure la Statua della Libertà all’arrivo a New York. Nemmeno sapeva che ci fosse…

Impresse per sempre nella sua mente sono  le scene confuse dello sbarco, quella lingua che non capiva, quegli ambienti che sembravano respingerla naturalmente; e poi l’ansia di ritrovare i bagagli, il marito che li attendeva dopo i controlli doganali, i parenti che l’avrebbero aiutata in America. Perché la forza di questa donna era basata sulla certezza che i legami parentali della Cardegna ci sarebbero stati anche all’America.

E così fu: le peripezie del viaggio, la perdita dei bagagli, spediti a Fort Erie in Canada e non ad Erie in Pennsyvania (percé a Ceccano avevano detto che era stessa cosa) e recuperati alcuni mesi dopo, la scoperta di un panorama del tutto diverso, completamente ricoperto dalla neve, furono tutte dimenticate grazie all’accoglienza e alla collaborazione dei tanti cugini e parenti, alcuni dei quali nati lì, americani a pieno titolo d integrati nella laboriosa società sulle sponde dei Grandi Laghi.

Erie è uno dei tanti prodigi statunitensi: si trova sul più piccolo e meno profondo dei grandi laghi, in una situazione ideale per la costruzione di imbarcazioni, con il legno delle foreste a due passi, per la pesca ed il suo commercio,  la lavorazione del pesce pescato, legno, carbone,  Nel 1812 è un villaggio di 40 famiglie, quando, all’inizio della guerra contro gli Inglesi, la Marina Statunitense decide di costruirvi alcune navi per contrastare la superiorità britannica. Nasce in quell’anno e nel successivo 1813 il mito di Oliver Hazard Perry, il giovane comandante che trasformò alcune centinaia di pescatori ed agricoltori negli equipaggi delle imbarcazioni costruite ad Erie e subito lanciate contro la flotta britannica, ben più forte e soprattutto addestrata. Ma il coraggio e la determinazione di Perry, unita alla sopresa degli inglesi che mai si sarebbero aspettati una flotta pronta a sbarrare loro il passo sui Grandi Laghi, fecero sì che la flotta statunitesse battesse quella britannica, la prima sconfitta della Royal Navy, nella sua storia.  Perry riuscì a battere l’avversario e a trasmettere quel messaggio che si legge dappertutto ad Erie: intercettato il nemico, è nostro!

Ad Erie la tradizione cantieristica continua: vi si costruisce addirittura la Missouri, prima nave in metallo ad essere  impiegata in operazioni belliche. Così Erie ha bisogno di braccia di operai che sappiano il loro mestiere, di carpentieri e muratori. E  alla Cardegna sanno fare i muratori.

Così ad Erie c’è lavoro per tutti; la lingua grazie ai parenti non è una problema: un mese  dopo il suo arrivo la piccola Nunziata diventa Nancy e va a scuola di inglese mentre Giovanna, la più grande, viene accompagnata da una sua zia al lavoro. Le era bastato mettersi in lista e l’avevano subito chiamata e messa vicino ad una collega americana, ma di origini italiane. Così pian piano la paura di un mondo ignoto e diverso scompare e Giuseppina riprende la sua attività normale: esce per fare la spesa, impara subito le nuove misure americane, once, yarde, pounds, dollari, cents… i soldi…  la prima cosa da imparare, dice, ricordando quei giorni

Il lavoro:  era stato il dramma della sua vita matrimoniale con Nicola. Il fazzoletto di terra di proprietà alla Cardegna non era in grado di nutrirli, tanto meno di dare loro del reddito. Qui invece bastava lavorare sodo per riportare a casa un po’ di soldi. E così dopo un po’ di tempo passato in affitto ecco la possibilità di farsi una casa e che casa… rispetto ai pagliari della Cardegna.

In pochi anni la situazione era davvero cambiata. Certo rimanevano sempre nel cuore la Valle, la montagna, gli foss’, il desiderio di rivedere i tanti parenti che aveva lasciato…

E così Giuseppa, Josephine ormai, si è perfettamente inserita in un paese che ai visitatori mostra anzitutto le sue scuole, che sono migliori delle case dei suoi abitanti. e qui si misura un grado di civiltà che a Josephine e ai suoi è piaciuto subito. Certo Ceccano rimane nel cuore, rimane nella voce, rimane nel ciccanenglish, rimane nell’effige di S. Maria a fiume nel cimitero, rimane sicuramente nel cibo, da tutti invidiato, ma questa ormai è la loro patria invece di un’altra che non seppe offrire loro possibilità di inserimento sociale vero, attraverso il lavoro.

Ora la terza generazione è pienamente americana: fabbriche di componenti per elettronica, gioiellerie, avvocati, ingegneri… ma rimane sempre il senso di un’appartenenza culturale che non vogliono perdere ma hanno bisogno che qualcuno dia loro una mano a ché non si perda.

Ed ecco l’idea: puntare sulla quarta generazione… i nipoti di Giuseppa, i pronipoti anzi, che frequentano le scuole di Erie, uno scambio all’anno, 25 ragazzi italiani che vanno a scuola lì e 25 americani che vengono a scuola al Liceo… tutti ospitati in famiglia… e il legame è salvo.

Ci stiamo lavorando, da una parte e dall’altra dell’Atlantico…

Qui le altre foto di Erie

Erie

e quelle della Big Apple

New York

6 risposte a "Enjoy’a’t’v’: il ciccanenglish di Erie, Pennsylvania"

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  1. Bella e interessante la storia, sicuramente simile a quella di mio nonno, che però non ha fatto in tempo a rientrare a ” casa”. Bella l’idea dello scambio (peccato non ho figli che studiano!), però magari il coro ci può fare un pensierino, no?

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