In questi giorni Anagni celebra solennemente uno degli eventi più importanti della storia europea, quello “schiaffo” del 7 settembre 1303, le cui conseguenze sarebbero andate ben oltre l’offesa diretta alla sede papale. I congiurati si radunarono a Ceccano e da qui partirono con un consistente aiuto militare dei Conti. Più volte nel passato s’è cercato di ricordarlo, l’ultima volta nel 2015 con il progetto di un semplice monumento celebrativo ma poi tutto è caduto nel dimenticatoio. Ripubblichiamo volentieri il contributo dell’arch. Angeletti Latini che ci dà un vivido affresco, storicamente fondato, con tutti i particolari della partecipazione dei ceccanesi e sulla liberazione dalla scomunica che sarebbe derivata dalla partecipazione allo schiaffo.

Lo schiaffo d’Anagni e il ruolo dei ceccanesi
di Vincenzo Angeletti
Giacomo “Sciarra” (che significa zuffa, mischia, con riferimento al carattere irascibile del personaggio) Colonna, figlio di Giovanni (fratello del cardinale Giacomo) marchese di Ancona e senatore di Roma, e di Rogasia, sorella di Giovanni II ”Zanni” de Ceccano, figli di Landolfo II. Sciarra è fratello di Stefano “il Vecchio” conte di Romagna e senatore di Roma e del cardinale Pietro.
Si vuole che un Caetani, parente del futuro Bonifacio VIII avesse attentato, durante il pontificato di Nicolò IV, all’onore della moglie. Episodio al seguito del quale il popolo romano lo avrebbe portato in trionfo, per le strade, acclamandolo Cesare.
Rinaldo de Supino « miles regis Franciae » e capitano di Ferentino, figlio di Baldovino, è parente dei Colonna, avendo un suo avo, Tommaso, sposato Mabilia sorella di Oddone Colonna. Questi due con la figlia di Tommaso nel 1216 erano fatti prigionieri dal conte Giovanni I de Ceccano.
Antefatti e attriti
La sorella di Rinaldo de Supino ha sposato Francesco Caetani, figlio di un fratello del cardinale Benedetto, poi Bonifacio VIII, Roffredo II conte di Caserta ed Elisabetta Orsini. Francesco che il Nogaret descrive “giovane, grasso e forte, di dissolutezza per aver avuto due figli dalla moglie dopo che questa aveva fatto voto di castità”. Non si sa quando Francesco passa alla carriera ecclesiastica Nogaret, tuttavia, sembra ritenere che Maria fosse stata soltanto ripudiata dopo la nomina di Francesco a cardinale diacono di S. Maria in Cosmedin, il 17 dic. 1295. Maria entra in convento (nel febbraio del 1300 era monaca nel convento di S. Maria de Viano nella diocesi di Anagni); i signori di Supino considerano il ripudio come un insulto e passarono tra i nemici dei Caetani in Campagna.
A tale situazione, che si vuole pianificata dallo stesso cardinale Caetani, va aggiunto che Goffredo, figlio di Giovanni II de Ceccano è marito di Maria figlia di Giacomo de Supino.
Il 3 maggio 1297 Stefano Colonna attacca un carico di Bonifacio VIII, da Anagni a Roma, che trasportava un ingente valore, circa 200.000 destinato all’acquisto di alcune proprietà, appropriandosene.
Il papa il 6 maggio ne chiede, ai cardinali Giacomo e Pietro Colonna, la restituzione con la consegna dello stesso Stefano e dei castelli di Palestrina, Colonna e Zagarolo.
A tale richiesta i Colonna rispondono restituendo il solo denaro sottratto che comunque non soddisfa il pontefice.
E’ del 10 maggio il manifesto di Lunghezza, sottoscritto dai cardinali Colonna appoggiati da Jacopone da Todi e da alcuni Spirituali francescani, con il quale si dichiara illegittima l’elezione di Bonifacio VIII, perché non valida, a sua volta, l’abdicazione di Celestino V, suo predecessore. Il Papa viene dichiarato decaduto, e si fa espresso invito ai fedeli a non portare più obbedienza al Caetani.
La reazione del Pontefice non si fece attendere: con violenza i due cardinali sono destituiti con la bolla “In excelso throno” che pone in risalto come la famiglia Colonna fosse da sempre portatrice di disprezzo verso le cose altrui, nonché piena di superbia e oltraggiosa e che, per queste colpe, suscitava soltanto desiderio di annientamento. Si apre, quindi, un’ulteriore lotta tra il Papa e i Colonna, nella quale questi ultimi speravano in un intervento a loro favore del re di Francia, Filippo
il Bello. La qual cosa non avviene in quanto il monarca francese sta trattando proprio in quel momento gli accordi con il Papa per la risoluzione del problema dei tributi agli ecclesiastici in Francia, per cui non aveva alcun interesse ad inimicarsi il Pontefice.
Il 16 maggio fa seguito un secondo manifesto che elenca gli addebiti mossi a Bonifacio VIII, compreso il raggiro di Celestino V teso a spingerne l’abdicazione, e che richiede un consiglio generale della Chiesa.
Il 23 maggio segue prontamente un’ulteriore bolla papale denominata “Lapis abscissus” che sottolinea gli oltraggi della loro “dannata stirpe e del loro dannato sangue”, che avrebbe voluto sterminare “perché essa sollevava in ogni tempo il suo capo pieno di superbia e di disprezzo”: la scomunica viene estesa ai cinque nipoti di Giacomo ed ai loro eredi dichiarati scismatici.
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