A parlarcene, Paola e Vincenzo Angeletti, in uno dei loro studi più interessanti.
Le tradizioni della Quaresima che vengono presentate non rivendicano un mero riduttivo ruolo campanilistico ma riscoprono un passato antico, vissuto con riti e pratiche finite nell’obblio che lasceranno il lettore sbigottito e al tempo stesso incredulo per la cruenta crudezza. Un racconto che viene apprezzato e recepito, fin dalla sua pubblicazione nel 1881, negli studi sulle tradizioni nazionali, come una importante testimonianza. Anche dell’Autore, Cesare Bragaglia, che superbamente narra con appassionata veemenza la storia scopriamo essere una personalità di spicco in ambito internazionale, ma fino a ora quasi sconosciuto nella sua città.
La processione del Venerdì Santo
E’ di antica tradizione e molto sentita dai cittadini. Le artistiche e tragiche statue portate a spalla dai confratelli delle confraternite, seguite dai fedeli, escono rispettivamente dalla Chiesa di S. Nicola con la Madonna Addolorata, ammantata di nero a lutto, e poi da quella di S. Giovanni Battista col il Cristo Crocifisso (che veniva custodito, durante l’anno, nell’Oratorio della Confraternita del SS. Sacramento, sito in Via Cavour) disteso su un catafalco. La processione si snoda congiuntamente per le stradine del centro storico seguendo nel tragitto le mura della cinta muraria medievale cittadina. Lo spettacolo è molto suggestivo; una fila interminabile di candele portate dai fedeli, provenienti anche dai paesi vicini, illumina le facciate delle abitazioni sulle quali sono esposti drappi rossi e luminarie, grandi croci illuminate da fiaccole romane scandiscono il tragitto. I canti corali penitenziali, di secolare tradizione, intonati dai fedeli esaltano la drammatica solennità dell’evento. In piazza, dal balcone del Palazzo Gizzi (presumibilmente dal 1844, anno di elevazione a Cardinale di Pasquale Tommaso Gizzi), dove la processione si sofferma per ascoltare la predica, di prassi tenuta da un frate Passionista

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