29 novembre 1913, due treni, uno schianto alla Stazione, nove morti e Ceccano in una poesia futurista


La velocità era uno dei simboli prediletti per il Futurismo, anche con tutte le sue conseguenze, comprese quelle fatali che il 29 novembre del 1913 portarono alla morte di ben 9 persone e il ferimento di altre 24, di cui 10 gravi: quella sera, erano le 19,15, un treno direttissimo proveniente da Roma, da dove era partito alle 18, fu instradato erroneamente in un binario dove sostava un treno merci. Il disastro fu inevitabile e colpì talmente l’opinione pubblica che anche un poeta futurista, Francesco Cangiullo, volle dedicarvi una sua poesia. Ce ne parla, con la solita competenza, l’arch. Vincenzo Angeletti Latini, che coglie l’occasione dell’inaugurazione della mostra romana sul movimento culturale dell’inizio del ‘900.

La mostra “Il tempo del Futurismo” programmata dal 3 dicembre 2024 al 28 febbraio 2025 presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma (GNAM), per celebrare i 115 anni della nascita del Movimento di Marinetti, è occasione per far conoscere ai concittadini una poesia del 1914.

Alle ore 19:15 del 29 novembre 1913 il treno direttissimo n. 111, partito alle ore 18:00 da Roma, giunto nella stazione di Ceccano si scontrò con un treno merci in sosta in quanto era stato erroneamente instradato. Nella stazione doveva avvenire l’incrocio e pertanto il treno viaggiatori stava entrando a velocità ridotta ma l’urto fu ugualmente violento: la locomotiva del direttissimo scavalcò quella del merci in sosta incuneandosi tra la macchina e il suo tender mentre si sfasciarono numerose delle carrozze viaggiatori rimorchiate impattando l’una sull’altra; una carrozza di terza classe rimase letteralmente schiacciata tra il bagagliaio e la carrozza ristorante.
I treni coinvolti furono:

  • Il direttissimo n. 111 composto di una locomotiva a vapore, un bagagliaio, una carrozza postale, una carrozza di 1a classe, una di 3a, alcune miste e una carrozza ristorante.
  • Un treno merci in sosta con locomotiva a vapore in testa.
    Sul treno n. 111 viaggiavano numerose personalità politiche e parlamentari meridionali che rientravano dalla seduta di apertura del Parlamento del Regno tra i quali era anche l’ex Ministro delle Finanze del Regno, Enrico Arlotta.
    I primi soccorsi vennero prestati dal personale della stazione, dai carabinieri del posto e da numerosi abitanti di Ceccano. I feriti più gravi vennero caricati sul treno proveniente da Napoli e diretto a Roma per ricoverarli negli ospedali più vicini della Capitale.
    Un treno di soccorso venne approntato dalla stazione di Roma e partì verso mezzanotte per raggiungere Ceccano.
    Nell’urto persero la vita il macchinista e il fuochista del treno merci e sei viaggiatori della carrozza di terza classe. Morì anche il deviatore responsabile dell’errato posizionamento dello scambio.
    Altre dieci persone rimasero gravemente ferite e qualcuno in pericolo di vita; tra queste il capotreno del direttissimo. Altri 14 viaggiatori riportarono ferite più lievi.

    Il capotreno, salvatosi, volle, ritenendo essere stato miracolato da Santa Teresa di Lisieux, che un’immagine della suora fosse collocata nella Chiesa di S. Giovanni Battista sull’altare dell’Addolorata.

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Un pensiero riguardo “29 novembre 1913, due treni, uno schianto alla Stazione, nove morti e Ceccano in una poesia futurista

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  1. Pietro, ritengo che se si ricorda il fatto ancora di più bisogna ricordare Tommaso Bartoli che ne scrisse esaurientemente nel libro “podestà Confalonieri, commissari sindaci” .Le ricostruzioni storiche sono valide se vengono dall’indicazione delle fonti

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