Apologia di Deddè, giornalaio in Piazza, a Ceccano


Ti conosceva, sapeva cosa avresti acquistato, preparava già il tuo quotidiano prescelto e magari ci metteva in mezzo le tue riviste preferite per non farti perdere un numero. Mi suggeriva anche quali giornali, quali articoli leggere. Immagino che lui se li fosse letti tutti prima. Faceva, insomma, una specie di preziosa rassegna stampa, ante litteram. Sono nato in una famiglia in cui i quotidiani erano molto presenti in casa: Il Messaggero, il Corriere dello sport raramente mancavano sui tavoli. Così la passione per la lettura veniva facilmente stimolata e Deddè era il mio spacciatore preferito di parole e di pensieri. Voglio ricordarlo oggi, Lorenzo Deddè Carlini, giornalaio in Piazza a Ceccano, in uno dei due giorni all’anno, in cui non ci sono i quotidiani in edicola. Con lui condivisi l’emozione di vedere per la prima volta, nel 1973, la mia firma in un articolo su Il Messaggero: fu lui il primo a vedere la gioia di un ragazzo che si trasformava da lettore in redattore di quell’insieme di figli che chiamiamo quotidiano. Non so per quale ragione, la parola giornalaio ha invece assunto per alcuni, evidentemente con scarsa frequentazione di giornali ed edicolanti, un significato dispregiativo: mi sono sentito affibbiare l’epiteto tra i tanti insulti che mi sono toccati, dopo aver osato sostenere l’idea di un impiego diverso dei soldi pubblici per l’organizzazione della giornata dei giovani. Fa parte della professione: quando non sanno come rispondere, chiarire, precisare, ricorrono agli insulti e alla maldicenza. Però, non capisco perché chiamarmi giornalaio: i venditori di giornali, i giornalai, appunto, hanno svolto e svolgono ancora un servizio prezioso per la collettività. Chissà perché lo si ritiene un insulto? A meno che non dipenda, appunto, dalla scarsa frequentazione dei giornali stessi, strumenti che aiutano a pensare e perciò da evitare in tutti i modi.


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Un pensiero riguardo “Apologia di Deddè, giornalaio in Piazza, a Ceccano

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  1. Ricordo anch’io il giornalaio in piazza anche se all’epoca ero una bambina. Ci sono cose che entrano a far parte di una sorta di “storia popolare” per così dire. Mestiere nobile , come tanti. Purtroppo la tecnologia ed in particolare i social spesso vengono usati male. Oggi manca il sano confronto, anche nella divergenza di idee ed opinioni; si tende ad offendere, a denigrare e sui social è anche più pericoloso. Spesso si fraintende, non si riescono a comprendere le critiche che vogliono essere solo costruttive, un modo per aiutare a riflettere, a migliorare semmai.Qualche ora in più di ed. Civica nelle scuole forse non farebbe male; anche per far crescere individui sempre migliori e soprattutto tolleranti.

    (Ci tenevo ad esprimere solo un mio pensiero).

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