È il 15 febbraio 1944. Sono le 9:28 del mattino. Il maggiore Bradford Evans, capo della 96esima squadriglia dei “Diavoli Rossi”, sgancia le prime bombe. È l’inizio del più massiccio bombardamento su un unico obbiettivo di tutta la Seconda Guerra Mondiale. Le mura secolari dell’Abbazia di Montecassino si sbriciolano in poche ore sotto una pioggia di 600 tonnellate di bombe. È il momento più sanguinoso della battaglia sulla linea Gustav, il più difficile della lenta avanzata alleata verso Roma. Un’inutile devastazione, si dirà. In questi luoghi, in queste regioni, la guerra si fermerà per otto lunghissimi mesi. Mesi nei quali a pagare il prezzo più alto saranno donne, vecchi e bambini. Vivranno sul fronte, stretti tra due fuochi. Dovranno fuggire dai bombardamenti alleati e dai reclutamenti tedeschi fino alla violenza inenarrabile delle violenze e degli stupri delle truppe coloniali del Corpo di Spedizione Francese. Il film documento proposto da Gli Archivi della Storia intende raccontare il dramma di quei mesi. In quei mesi la zona di Montecassino è vittima di una sorta di “diritto alla violenza”. Un diritto esercitato con furia incontrollata, tra continui abusi, violenze, omicidi. Questo l’allucinante bilancio della sola Esperia, uno dei primi paesi del Frusinate ad essere liberato dalle truppe marocchine: 3.500 donne, tra gli 8 e gli 85 anni, brutalmente violentate; 800 uomini uccisi nel vano tentativo di difenderle.

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