di Elisa Chiari
Ai tempi dei “bambini” che hanno varcato la soglia degli ‘anta (quaranta o sessanta che siano) Halloween era una moda di là da venire. Mai si sarebbero sognati di celebrarla. Eppure sapevano da tempi non sospetti della sua esistenza. La festa d’Oltreoceano era entrata in casa loro, grazie ai proseliti teneri, innocui e quantomai inefficaci di Linus Van Pelt, il bambino nato dalla penna di Charles Schulz – e diventato archetipo psicanalitico per via della famosa coperta – che crede ostinatamente nel Grande cocomero.
Ogni anno Linus, il 30 ottobre, afferra il microfono della sala riunioni della sua scuola elementare e cerca disperatamente di convincere i suoi compagni a seguirlo la notte del 31 nell’orto dei cocomeri, ad aspettare il Grande Cocomero, che sicuramente verrà a premiare “l’orto più sincero”. In realtà il Grande cocomero non viene mai e gli amici neppure: son tutti in giro, travestiti, a bussare a “dolcetto o scherzetto”, inclusa Lucy, irascibile sorella maggiore di Linus che in uno sprazzo di acido altruismo si spinge a chiedere a chi di casa di largire un dolcetto anche “per il fratello scemo che sta seduto in un orto di cocomeri”.
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