In queste ore Frosinone piange Claudio Martino, scomparso all’età di 69 anni. Tra le tante cose che hanno contraddistinto la sua vita, ho ritrovato un suo commento alla frase del vangelo se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Scriveva Claudio in questo post:
Vivere non è prolungare l’esistenza fisica, o almeno è impossibile accettare che sia solo questo.
Che si creda o meno nel Vangelo (in maniera “integralistica”, non si può credere al 10% o al 99%, o si crede o non si crede), alcuni arrivano e molti non arrivano mai a constatare che l’egoismo, l’attaccamento spasmodico alla propria esistenza fisica conduce solo alla chiusura mentale, alla morte spirituale (intendendo, nella mia visione del mondo laica, “spirito”, non come entità a sé stante, ma come facoltà della mente di considerare le cose con il massimo distacco).
I semi di cui parla la pericope proposta dall’amico Pietro sono, in primis, le nostre idee, i nostri preconcetti, i nostri ricordi, i nostri rimpianti…
Se noi, giorno dopo giorno, ci preoccupiamo di alimentarli, di tenerli vivi lottando contro la tendenza naturale all’affievolimento, ci irrigidiamo, ci appesantiamo, non riusciamo più ad essere trascinati dal flusso della vita e coliamo a picco.
Se accettiamo che le nostre idee, i nostri ricordi, i nostri dolori mentali, anche quelli più terribili, come la perdita di una persona cara, sono irrigidimenti della nostra mente e smettiamo magari di sentirci in colpa per la loro naturale attenuazione, allora i nostri sentimenti, i nostri dolori diventano sempre meno sofferenza della nostra vita personale e sempre più compassione, compartecipazione alla sofferenza di tutte le creature viventi…

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