di Simone Esposito

La condanna di questo Paese infetto è che, prima degli autobus e dei letti in terapia intensiva, mancano gli adulti. Mancano ovunque: nelle case, al lavoro, negli spazi sociali, nelle stanze dei bottoni. Gli adulti, quelli che sanno cedere una parte di quanto loro spetta se qualcuno ne ha più bisogno: una sedia, un posto in fila, l’ultima porzione. Quelli che fanno i conti prima con la realtà, poi con i propri limiti, ma si sentono comunque in dovere di provarci. Quelli che se il figlio ha la febbre non rompono il termometro, cercano il medico. Ma qui non ci sono padri, non ci sono madri e non ci sono figli: c’è solo un’intera nazione di fuorisede, di ragazzini in Erasmus, gente di passaggio in una casa trascurata di cui gli frega poco e niente, coinquilina di altra gente di cui gli frega poco o niente. È questo menefreghismo che rende inammissibile ogni rinuncia, ogni fatica, ogni sacrificio: e perché dovrei? ma per chi dovrei? E l’atteggiamento di questa politica inane e incapace di agire, questo paternalismo stucchevole che dilaga esponenzialmente come la curva del contagio, finisce per essere la sola lingua praticabile, tra persone che non si sentono responsabili le une delle altre perché non si sentono responsabili neppure di loro stesse. Ora mi viene rabbia, tanta, mentre guardo i miei figli dormire, sapendo che domani o dopodomani, è inevitabile, pagheranno di nuovo il conto anche loro, pure per quelli che non hanno mai voglia di pagare niente.
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