di Nico Spuntoni per In Terris
Un popolo che può accogliere ma non ha possibilità di integrare, meglio non accolga”. Le parole pronunciate da Papa Francesco nel corso dell’incontro avuto con i giornalisti sul volo di ritorno da Dublino hanno al centro quell’“accogliere ragionevole” che riafferma la posizione tradizionale della Chiesa cattolica sul fenomeno delle migrazioni. Nel corso del Novecento, il secolo maggiormente contrassegnato dal fenomeno, i pontefici, mostrando sempre una speciale sollecitudine nei confronti degli ultimi, non hanno mai predicato l’esaltazione generalizzata dei flussi migratori. La Chiesa non può che riservare un occhio particolarmente benevolo nei confronti di chi è costretto o sceglie di abbandonare la propria terra; un atteggiamento pastorale originato dalla sua naturale vocazione a dare voce ai poveri, ai deboli e agli emarginati. Tuttavia, nessuno dei papi sino ad oggi ha dimostrato di considerare la migrazione come un fatto intrinsecamente positivo: tutti loro, infatti, hanno tenuto a sottolineare la carica drammatica del fenomeno per i rischi fisici vissuti nei lunghi e difficili viaggi, per la conseguente separazione dei nuclei familiari, per la sofferenza scaturita dallo sradicamento culturale e dall’emarginazione sociale.
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