di Riccardo Luna
Quando ci dicono “favorisca i documenti” non basta più il passaporto per entrare negli Stati Uniti. Da qualche giorno bisogna mostrare anche i nostri profili Facebook, Twitter, LinkedIn, YouTube, Instagram e Google Plus (qui Politico lo spiega bene). Una mossa che ha lo scopo dichiarato di combattere il terrorismo ma che si configura come una formidabile intromissione nella nostra privacy. Nei nostri profili infatti può esserci scritta qualunque cosa, come sappiamo, e soprattutto potremmo averla scritta senza sapere che un giorno la polizia di frontiera degli Stati Uniti avrebbe potuto leggerla. Certo, dalle rivelazioni di Edward Snowden sulla sorveglianza digitale di massa del governo degli Stati Uniti, dovremmo avere imparato che tutto quello che mettiamo in rete resta per sempre, con qualche rara eccezione dovuta per esempio ai messaggi di Whatsapp e Telegram.
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