«Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare,
ho avuto sete e mi avete dato da bere,
ero straniero e mi avete accolto,
nudo e mi avete vestito,
malato e mi avete visitato,
ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,35-36).
Queste parole di Gesù vengono incontro all’interrogativo che più volte risuona nella nostra mente e nel nostro cuore: “Dov’è Dio?”. Dov’è Dio, se nel mondo c’è il male, se ci sono uomini affamati, assetati, senzatetto, profughi, rifugiati? Dov’è Dio, quando persone innocenti muoiono a causa della violenza, del terrorismo, delle guerre? Dov’è Dio, quando malattie spietate rompono legami di vita e di affetto? O quando i bambini vengono sfruttati, umiliati, e anch’essi soffrono a causa di gravi patologie? Dov’è Dio, di fronte all’inquietudine dei dubbiosi e degli afflitti nell’anima? Esistono domande per le quali non ci sono risposte umane. Possiamo solo guardare a Gesù, e domandare a Lui. E la risposta di Gesù è questa: “Dio è in loro”, Gesù è in loro, soffre in loro, profondamente identificato con ciascuno. Egli è così unito ad essi, quasi da formare “un solo corpo”.
Gesù stesso ha scelto di identificarsi in questi nostri fratelli e sorelle provati dal dolore e dalle angosce, accettando di percorrere la via dolorosa verso il calvario. Egli, morendo in croce, si consegna nelle mani del Padre e porta su di sé e in sé, con amore che si dona, le piaghe fisiche, morali e spirituali dell’umanità intera. Abbracciando il legno della croce, Gesù abbraccia la nudità e la fame, la sete e la solitudine, il dolore e la morte degli uomini e delle donne di tutti i tempi. Questa sera Gesù, e noi insieme a Lui, abbraccia con speciale amore i nostri fratelli siriani, fuggiti dalla guerra. Li salutiamo e li accogliamo con affetto fraterno e con simpatia.
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