L’ho vista, stamattina… Stava in piedi…


venerdì santodi Maurizio Patriciello

L’ ho vista stamattina. Stava in piedi, ferma, davanti dell’ospedale nel quale è ricoverata. Lo sguardo triste, guarda le macchine passare e la vita che scorre lenta. Lei, invece, è prigioniera dal male che la consuma. Le passo davanti. La saluto col capo che si abbassa e l’abbozzo di un sorriso. Mi vede e il volto le si illumina. Mi chiama, mi si getta al collo e resta abbracciata a me per molto tempo. Minuti interminabili. Preziosi. Per quanto mi sforzi, non riesco a ricordare dove l’ ho incontrata. La bandana le copre il capo senza più capelli. Il colore rosso del copricapo mette in risalto istabat2l pallore del suo volto giovanissimo e sciupato. Gli occhi tondi senza più le sopracciglia sono come dilatati. Enormi. Mi parla come riprendendo un discorso interrotto ieri. Racconta. Le sue sofferenze, le sue ansie, le sue paure. E la speranza che la mantiene in vita. “ Avevo creduto di aver vinto la battaglia. Il cancro al seno era in via di guarigione. Anche i medici erano ottimisti. Invece… Invece è ritornato… ma alle ossa ”. E ritorna ad aggrapparsi a me come un naufrago allo scoglio. Ricordo le parole di Gesù: « La messe è grande, gli operai sono pochi…». Sempre pochi saranno gli operai perché sempre più grande si fa la messe. Tutto ci riguarda. Tutto ci interessa. Dove c’è l’uomo – qualsiasi uomo, in qualsiasi situazione – là occorre che vadano gli operai. E dove l’uomo sperimenta dolore e angoscia occorre arrivare in fretta.

Che dire a questa giovane donna che ha il coraggio di scendere in strada senza trucco e con la vestaglia addosso? Con la bandana in testa e la pantofole ai piedi? Siamo nel mese di gennaio. Tanta gente è in vacanza , sulla neve, a divertirsi. Lei no. Lei non può. La guardo e penso alle due mamme incontrate ieri. La prima ha perduto Mesia, 4 anni appena. L’ altra, Marzia, ha detto addio a Francesco, che di anni ne aveva 9. Sempre per la stessa malattia. Non li hanno lasciati un istante solo, alternando giorni di speranza a ore di depressione. Poi tutto precipitò. Queste donne, tanto provate, sono diventate straordinarie. Instancabili. Hanno acquistato un coraggio che non sapevano di avere. Dopo i primi mesi di un lutto hanno dato fiato alla speranza. La morte dei loro bambini non deve essere vana. Deve servire a richiamare in vita altri bambini, figli di altre mamme. Bambini che magari non conosceranno mai, ma che non per questo sono meno cari ai loro cuori. E lottano. Parlano. Scrivono. Denunciano. Perché il mondo sappia. Perché in Italia si sveglino coloro che dopo essersi assunti la responsabilità di tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini, abbandonano poi il popolo in balia di criminali che li stanno portando alla rovina. Invece di correre indignati là dove il cancro colpisce all’impazzata, anche per colpa dei rifiuti industriali altamente tossici interrati e bruciati a pochi passi dalle nostre case. Là dove ragazzi, bambini, genitori con i figli ancora in fasce, si ammalano e muoiono. Tra la rabbia, il dolore e la paura di chi rimane. Tutti gli uomini hanno uguale dignità. Anche se per alcuni gli anni saranno più facili da vivere. Anche se qualcuno passerà alla storia per aver fatto cose veramente belle o terribilmente orripilanti. Tutti siamo uguali. Tutti abbiamo diritto di accedere agli stessi diritti. Ad ogni abitante della Campania sono stati rubati quasi 4 anni di vita. Una cosa terribilmente ingiusta. Insopportabile. Mi congedo dalla signora. Lei non ha capito che non l’ ho riconosciuta, né io ho avuto il coraggio di chiedere il suo nome. Che importa? Ogni uomo è mio fratello. Tutti hanno il diritto di bere alla mia fonte. Alla fonte della loro vita voglio potermi dissetare anch’io. Padre Maurizio Patriciello.

 


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