di Matteo Truffelli
Manca poco ormai alla ricorrenza del 50° anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II. A partire dalla serata di ottobre in cui, tre anni fa, l’Azione cattolica Italiana ha voluto ritrovarsi in Piazza San Pietro insieme a Benedetto XVI per ricordarne l’apertura con il celebre «Discorso della Luna», molte sono state le occasioni offerte da questo “lungo cinquantenario” per ritornare sul significato, l’importanza, la bellezza degli insegnamenti conciliari.
È forse opportuno soffermarsi anche a ricordare, seppur in breve, la natura e la forza di uno dei frutti più significativi che il Concilio fece maturare nella Chiesa italiana, ossia quella scelta religiosa che, come noto, ha caratterizzato e continua a caratterizzare l’Azione Cattolica Italiana dal Concilio ad oggi. Tanto più che capita di quando in quando di leggere o ascoltare giudizi sbrigativi e discutibili su di essa: c’è, infatti, chi sembra dare per acquisita una lettura della scelta religiosa secondo cui essa avrebbe condotto l’Azione cattolica Italiana a «uscire dalla storia». Sarebbe stata la scelta, cioè, di ritirarsi e indurre i propri aderenti a ritirarsi dall’impegno nel mondo e per il mondo, accontentandosi di formare le persone a una fede intimistica, da vivere solo «nel privato». Si tratta di un modo di descrivere e giudicare la scelta religiosa che non è affatto condivisibile, per quanto sia molto spesso presentato non come un’interpretazione di parte, ma come una mera constatazione.
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