di Daniele Zappalà
Quell’ecatombe aprì il tunnel dei peggiori incubi novecenteschi, come aveva ribadito papa Francesco nel giugno 2013. Ma a un secolo esatto di distanza, il genocidio degli armeni resta in gran parte negato dagli eredi di chi lo perpetrò in territorio ottomano. E nonostante il riconoscimento sia stato firmato da una ventina di Stati, il dramma non pare ancora impresso appieno nella coscienza mondiale.
Se ricordare un genocidio è sempre impresa delicata, tanto più lo saranno le commemorazioni che si sono appena aperte in Armenia e che dureranno per tutto l’anno. Da tempo, si temeva che la dimensione spirituale della tragedia potesse finire eclissata dalle diatribe di stampo più politico e diplomatico attorno al negazionismo turco. Ma questo rischio sarà probabilmente scongiurato, dopo un annuncio di grande portata nei giorni scorsi da parte della Chiesa apostolica armena, antichissima chiesa cristiana vicina all’ortodossia ma contrassegnata per ragioni storiche pure da una profonda congruenza teologica con Roma.
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