di Nelle fotografie da Peshawar i piccoli sacchi di plastica già chiusi si allineano sui letti di un obitorio, e intorno piangono tutti: non solo i padri, ma gli infermieri, i poliziotti, tutti. Perché quegli oltre 130 bambini e ragazzi ieri mattina in un momento sono diventati figli di ognuno, figli di un popolo intero: che attonito sta di fronte a questa strage di agnelli. Uccisi a sette o dieci anni, per rappresaglia contro la repressione del terrorismo all’opera nel nord-ovest del Pakistan, dove vorrebbe proclamare uno “Stato islamico”. Ai bambini, ieri, veniva intimato di proclamare l’atto di fede del Corano. Poi, ad uno ad uno, uno sparo. Una insegnante è stata bruciata viva davanti ai suoi alunni. Perché? Semplicemente, quella scuola apparteneva all’esercito. Semplicemente, era una scuola del Nemico, di quell’”altro”, diverso da sé per convinzioni, che nella ferocia integralista perde la sua connotazione umana, e si fa un niente: non uomini, ma puri numeri – che si eliminano come si distrugge un termitaio
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