Ieri sera ho vissuto l’esperienza surreale di rimanere ostaggio (io e decine di migliaia di altri, bambini inclusi, alcuni decisamente spaventati) di Genny ‘a carogna e compagni animali. In uno stadio, il più grande impianto sportivo pubblico del Paese, dove per entrare ho dovuto farmi schedare dalla questura, fare un giorno di fila per un biglietto da 90 euro, arrivare tre ore prima e farmi perquisire tre volte la busta dei panini, ma dove i telefonini non prendono e nessuno, mai, si prende la responsabilità di far spiegare a uno speaker quello che succede, mentre a 50 metri da te ci sono bestie con le bombe e tu, per tranquillizzare te stesso e quelli intorno a te, ti attacchi alla radio (ma era offline anche la tribuna stampa). A questo prezzo ho visto sporcare la vittoria della mia squadra, il compleanno di mio padre per il quale siamo andati a vedere la finale, la mia passione per un gioco che gioco non è più, ma non da ieri. Mi sento umiliato come tifoso, come cittadino, come padre al quale impediscono di portare il proprio figlio allo stadio. Per solidarietà verso di lui, non ci entrerò più nemmeno io.
E tutto questo nell’anniversario della scomparsa del Grande Torino
Scopri di più da Pietroalviti's Weblog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Lascia un commento