di Chiara Santomiero
Sono passati 99 anni da Medz Yeghern, Il Grande male, come gli armeni chiamano la deportazione e lo sterminio di centinaia di migliaia di loro – almeno un milione secondo gli storici – ordinato dal governo ottomano a partire dal 24 aprile 1915. Il governo di Ankara si è sempre rifiutato di riconoscere che si tratti di un genocidio, ma in coincidenza dell’anniversario di quest’anno, per la prima volta il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha presentato le condoglianze del Paese ai discendenti delle vittime dell’eccidio. Attraverso un comunicato, diffuso in nove lingue – tra le quali l’armeno, altro fatto inusuale – alla vigilia della Giornata della memoria degli armeni, Erdogan offre le condoglianze ai “nipoti degli armeni uccisi nel 1915” e auspica che “gli armeni che hanno perso la vita nelle circostanze dell’inizio del XX secolo riposino in pace” (La Repubblica.it 23 aprile). Quello degli armeni in Turchia è considerato il primo genocidio – cioè lo sterminio sistematico e organizzato di un gruppo “nazionale, etnico, razziale o religioso” – dei tempi moderni, trenta anni prima di quello degli ebrei ad opera della Germania nazista. Hitler stesso, nel pianificare l’Olocausto, avrebbe detto che in seguito la storia se ne sarebbe dimenticata come era già avvenuto in relazione agli armeni.
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