di Dario di Vico
Le statistiche sono impietose e fotografano di continuo il grande gap che esiste tra uomini e donne in Italia. L’ultimo dato viene da una ricerca condotta dall’Istat all’interno di un progetto promosso dall’Ocse e finalizzato a misurare il capitale umano per comparare i singoli Paesi e per esaminare il livello di sostenibilità dei sistemi di welfare, sottoposti a livelli di stress che non conoscevamo nel Novecento. Ebbene il dato medio riferito ai maschi è di 435 mila contro 231 mila delle donne, quasi il doppio quindi. La media nazionale, per la cronaca, è di 342 mila. Spiega l’Istat: «Il differenziale è da mettersi in relazione alle differenze di remunerazione esistenti tra uomini e donne, ma anche al minor numero di donne che lavorano e al minor numero di anni lavorati in media nell’arco della loro vita». Ovviamente molto dipende dalla nozione di capitale umano che si fa propria ed in questo caso avendo l’Ocse adottato quella che gli statistici chiamano l’approccio Jorgenson-Fraumeni si opera sostanzialmente su due parametri:il livello di istruzione e il reddito percepito. E sappiamo bene come entrambi gli indicatori giochino — assieme al sostanziale monopolio «rosa» del lavoro domestico — «contro» le donne.
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