di Chiara Sodani, V A – Liceo Scientifico e Linguistico – Ceccano
Ho scritto con estremo interesse ciò che il bellissimo corto mi ha trasmesso. ![]()
Sammy è un bambino ordinario in una famiglia straordinaria. Saltimbanchi. Ed è solo per caso che il bambino, suo padre ed il signor Mendez, il carismatico direttore del Circo della Farfalla, decidono di fermarsi a curiosare in un ambiente a loro familiare. Il circo dei mostri, gli spettatori sono soliti chiamarlo, un circo in cui il dolore viene esposto come merce in vetrina, in cui le lacrime regalano allo spettacolo un retrogusto più intenso, in cui si è inermi, esposti ed indifesi, nudi come vermi. E più la natura ti ha votato le spalle, più lo spettacolo è reso interessante. Tra le bellissime gemelle siamesi, l’uomo pergamena che porta il peso della sua vita esternamente impresso sulla pelle con inchiostro scadente, la donna cannone e la donna barbuta, a nessuno mai la Natura ha mai voltato le spalle come a Will, l’uomo senza arti, un uomo, se così lo si può definire, tenuto fermo su una sedia a fare del proprio destino un obiettivo per scagliare le frecce della nostra personale insoddisfazione senza però sentirci cattivi, perché ad esserlo è già stata la Natura. Ma il signor Mendez vedrà in Will una meravigliosa creatura, troppo schiva e ferita per poterlo capire subito. Tramite una serie di sconfitte, gioie, consapevolezze e sfide, Will riconoscerà l’enorme potenzialità in lui nascosta, capendo che tutto l’odio e la pena che ispirava sarebbe stato giustificabile finché egli avesse fatto di quell’odio anche una sua certezza. L’uomo senza arti diverrà eroe del Circo della Farfalla, che dalle ceneri incoraggia tante meravigliose fenici a rinascere, e diverrà eroe della sua vita.
Joshua Weigel, regista e produttore del cortometraggio di 22 minuti, rivestirá il voyeurismo tipico dei nostri tempi della vena romantica che solo un circo e dei colorati, vaganti circensi potrebbero avere, ma senza mettere meno in evidenza quanto l’uomo di oggi possa sentirsi grato soltanto compatendo la situazione di un individuo afflitto fisicamente e moralmente, scavando con impertinenza e violenza nella sua vita e cercando di trovare quella pena che ci fa ringraziare di non esserci trovati in quella situazione. E di nuovo il regista ci confermerà quanto un cinema senza troppe pretese come quello indipendente riesca ad entrare nella morale degli uomini prima e meglio di qualunque altro e ad insegnarci qualcosa di grande. La vita di noi tutti può e deve subire con pazienza la trasformazione da bruco a farfalla, perché senza l’esperienza del dolore non si potrebbe provare quella della rinascita. E del dolore impariamo a fare un dono prezioso e privato, perché, per usare le parole del signor Mendez, “più grande è la lotta, più grosso è il trionfo”.
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