Un equivoco sta costando caro a molti giovani, stando ai ripetuti allarmi degli esperti. Non ultimo il farmacologo Silvio Garattini, che nel suo ultimo libro «Fa bene o fa male» (edizioni Sperling & Kupfer) dedica all’argomento «droghe leggere» capitoli densi di avvertimenti e dati che tutti dovrebbero conoscere. Perché aver affibbiato l’appellativo «leggere» ad alcune sostanze d’abuso è, secondo non pochi farmacologi, un rischio per la salute dei giovani. «Stanno emergendo nuove certezze sulla pericolosità di hashish e marijuana: gli studi che hanno seguito per 10-15 anni persone che ne hanno fatto ampio uso dimostrano come queste sostanze aumentino l’incidenza di psicosi e depressione — spiega Garattini —. Per di più, spesso le droghe cosiddette leggere si accompagnano a una condotta di vita non salutare, che ne peggiora gli effetti: bere alcol e insieme fumarsi una canna fa indubbiamente male».I motivi li spiega Gaetano Di Chiara, farmacologo dell’Università di Cagliari ed esperto di neurofarmacologia delle dipendenze: «Il principio attivo della cannabis, il tetraidrocannabinolo o THC, non è leggero per niente — esordisce —. L’equivoco nasce perché nelle erbe usate per preparare le canne la concentrazione di THC è mediamente bassa. Però, negli anni sono state selezionate varietà di piante che ne contengono molto di più, fino al 10-15%. E il THC ha effetti potentissimi sul sistema nervoso centrale, perché agisce su recettori presenti in abbondanza in aree essenziali per l’apprendimento e la plasticità cerebrale».Una ricerca che ha seguito per anni i ragazzi di una cittadina neozelandese ha dimostrato come l’uso regolare di cannabis (almeno 4 volte a settimana per 10 anni) riduca il quoziente intellettivo da adulti, oltre ad alterare le funzioni cognitive mentre se ne fa uso. Altri studi mostrano che le canne sono in grado di accelerare la comparsa dei disturbi psicotici in soggetti predisposti: per ora non è aumentata l’incidenza generale di queste patologie, ma la risposta definitiva si avrà solo fra 10 o 20 anni, quando saranno adulti i ragazzi della generazione che ha «sdoganato» le canne a un consumo abituale.«Il THC inoltre dà dipendenza, proprio come altre droghe: l’unica differenza è che in caso di overdose da THC non si muore — riprende Di Chiara —. Il fumo di cannabis, poi, è tossico sui polmoni tanto quanto quello di sigaretta, se non di più: una canna equivale alla capacità pro-tumorale di un pacchetto di sigarette. Infine, mettersi alla guida dopo aver fumato cannabis è pericoloso perché il THC rende tutti principianti al volante: altera infatti la modalità abituale, quella che ci consente di avere gesti fluidi e automatici una volta imparato un compito, e costringe a guidare in modalità “esecutiva”, come se non sapessimo più l’effetto delle nostre azioni sui comandi dell’auto e fossimo continuamente di fronte a imprevisti». Tuttavia, secondo molti il THC e ancor di più il cannabidiolo, un composto non psicotropo della cannabis, potrebbero avere applicazioni terapeutiche utili, in preparazioni controllate e a dosaggi lontani da quelli dell’abuso. Garattini osserva: «Anche la morfina cura, ma non se assunta al di fuori di un preciso contesto medico: pure supponendone effetti benefici in certe situazioni, i componenti delle canne non diventano per questo “buoni” sempre». «Negli Stati Uniti si è scoperto che appena l’1% dei pazienti con il “patentino” per ricevere cannabis ne avrebbe diritto in base alle premesse per l’uso medico — aggiunge Di Chiara —. In Italia c’è l’indicazione all’uso come antispastico e antidolorifico nei pazienti con sclerosi multipla, ma attenzione, si tratta comunque di un uso palliativo e come seconda scelta. Ed è probabile che gli effetti derivino per lo più dallo stato di benessere che la cannabis induce, come tutte le droghe, riducendo l’ansia e aumentando il tono dell’umore»
Scopri di più da Pietroalviti's Weblog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
Lascia un commento