Uno studio della Camera dei Comuni mostra come circa il 14% delle quasi 350mila donne che in media ogni 12 mesi vanno in congedo di maternità abbia perso il posto di lavoro per “sexism”. Oltre a questo c’è poi demansionamento con conseguente riduzione dello stipendio. Anche il Regno unito – Paese che vanta uno dei più alti tassi di occupazione femminile in Europa – si accorge di un fenomeno spesso non denunciato: oltre 50mila donne, ogni anno, perdono il posto dopo una gravidanza, a causa della discriminazione da parte dei datori di lavoro. I dati, che provengono dalla Camera dei Comuni, la camera bassa del parlamento britannico, mostrano come circa il 14% delle quasi 350mila donne che in media ogni anno vanno incongedo di maternità abbia perso il posto di lavoro per quello che a Londra viene chiamato“sexism”. Ovvero, discriminazione di genere, che pare farsi molto più forte quando una donna rimane incinta. Ma non c’è solo la perdita del posto: secondo la ricerca dei Comuni, spesso le donne vengono reintegrate in ruoli inferiori, vengono demansionate oppure vengono“immobilizzate” in situazioni in cui non vi è alcun progresso di carriera. Eppure, denuncia ora la stampa britannica – soprattutto The Independent – “con queste regole non si va da nessuna parte”. Una recente legge del governo guidato da David Cameron ha infatti imposto una “tassa” di 1.200 sterline per portare un eventuale caso di discriminazione di genere in un tribunale del lavoro
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