In molti abbiano notato con dispiacere le liti interne alla compagine azzurra a Londra: nuotatori l’un contro l’altro armati, canottieri che contestano la federazione, medaglie d’oro che si vantano di aver fatto tutto da soli.
Gian Paolo Ormezzano, uno dei più grandi giornalisti sportivi, ne scrive per Famiglia Cristiana
Il segretario personale del nobile francese inventore dei Giochi moderni (Atene 1896), il conte piemontese Eugenio Brunetta d’Usseaux, convinse il Governo italiano ad affidare l’incarico di selezione e accompagnamento dei nostri ad un suo amico personale, un marchese (Compans di Brichanteaux). Poi nacque il Coni. Le polemiche interne alla squadra sono in genere poche, e vertono soprattutto sulla scelta del o della portabandiera (Vezzali, questa volta).
Coni e federazioni si palleggiano per tempo la preparazione e la selezione olimpica sotto tutti
gli aspetti (economico, tecnico, logistico), ormai i meccanismi e i comportamenti sono rodati, come anche gli equilibri fra il pubblico ed il privato: nel senso che ogni federazione si gestisce come le pare le sue pellegrinerie. Casomai si litiga dopo, se il bilancio è in rosso. A nostra memoria ci fu un solo vero litigio sul posto all’interno della squadra Italia: Giochi di Los Angeles 1984, i calciatori contro tutti gli altri azzurri che li accusarono di non saper spartire e vivere bene la vita del villaggio olimpico. Un copione prevedibile, quasi scontato.
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