Ciociaria: un nome da accettare o da respingere? Un post precedente ciociaria-ma-non-vi-da-fastidio-questo-nome ha suscitato un notevole dibattito.
Enrica Gazzaneo: Come disse il compianto Totò ” Signori si nasce….” Avevo letto qualcosa in proposito anni fa e sai che ti dico? Non mi sento offesa. I pastori, i contadini e tutti quelli più umili ( solo perchè nati nella culla sbagliata/ povera) hanno costruito la nostra comunità, gli altri ” i nobili” hanno goduto dei frutti della nostra terra, conclusione: sono orgogliosa di essere ciociara, perchè significa che faccio parte della comunità operosa, non è un nome che mi può dare dignità, ma gli atti che compio.
Vittorio Ricci: Hai perfettamente ragione! Recuperiamo la nostra storia: Patrimonio di San Pietro, Campagna di Roma, Campagna e Marittima, ecc., meglio anche Basso Lazio.
Isabella Flores: Penso che la nostra “rovina”,sia stato Nino Manfredi con il suo Bastiano…dimostriamo all’Italia che le cioce è da tempo che non si portano più…e che la ciociaria è ricca di storia e di brave persone.
Daniele Bucciarelli: a me non dà fastidio per niente. E’ normale che si faccia spesso riferimento alla nostra
forte tradizione agricola, come allo stesso modo si fa con i giapponesi in ambito tecnologico, perchè i giapponesi in quell’ambito lì sono i migliori. più che essere un punto debole, secondo me è il nostro maggior motivo di vanto, siamo sempre stati fortissimi a coltivare la terra e a trarre da essa i prodotti migliori. io sfido qualsiasi astrofisico della NASA a fa ‘scì gli pimpidori siceri accumm’ gli faceva fa ‘scì nonna. e se mi danno del ciociaro ben venga! anche il termine “ebreo” viene usato in maniera dispregiativa, ma l’ebreo non si offende se qualcuno gli dà dell’ebreo.
Dario Facci Mi dispiace Pietro ma questo è provincialismo allo stato puro. Il problema non è nel nome è nella sostanza. Con questo o con un altro nome sempre campagna dell’impero saremmo stati e, come tale, saremmo
stati individuati. Il problema consiste nel non aver saputo mutare la negatività del nostro essere “bucolici” in un valore aggiunto, proprio quando tutto il mondo celebra e insegue il “rustico”. Il nostro problema non è nell’essere pastori, è nell’essere rimasti tali ma senza pecore. Nessuno giudica negativamente i toscani che fanno il vino e il formaggio, i padani che fanno il grana, gli svizzeri che sono bovari, perché hanno saputo mantenere la dignità della loro vocazione. Ciociaro sarebbe oggi il valore della bontà e della salubrità se solo non fossimo diventati ambiziosi falsi cittadini ma avessimo mantenuto la nostra dignità di maestri della campagna
Antonio Nalli La “razza ciociara” non era un qualcosa di discriminante, semmai l’esatto contrario. Ne riporto una descrizione: «il tipo del Lazio Meridionale è dato in prevalenza dal “ciociaro” dalle membra vigorose e flessibili, dal viso regolare col naso dritto o leggermente curvo, gli occhi grandi e neri, la capigliatura folta, le sopracciglia marcate, l’aspetto fiero ma insieme dolce. Le donne godono fama di grande bellezza per vigore e nobilità dei lineamenti, la carnaggione binachissima, gli occhi profondi, le spalle e i fianchi robusti ma perfetti, l’incedere maestoso». Sul capitolo “fascismo”, però, tengo a fare la seguente precisazione: tra i più grandi errori del ventennio mussoliniano vi è stata la creazione della provincia di Frosinone, o meglio, della scelta di Frosinone come capoluogo della nostra provincia… una città senza storia, arte e cultura rispetto alla maggior parte dei centri che la compongono. Questo, almeno per quanto mi riguarda, è il primo nostro grande handicap
Angela Nicoletti Fiera di essere ciociara. Forse il nome ciociaria sarà stato usato per denigrare. Ma chi denigra è solitamente uno stolto. Ciociaro era Cicerone, ciociaro era Manfredi, ciociaro era Marco Tullio Tirone, ciociaro era Anton Giulio Bracaglia. Ciociara sono io, Angela Nicoletti. E ho detto tutto!
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