Ceccano, continua il dibattito su Santa Maria, un altro intervento di Vincenzo Angeletti


Ospitiamo volentieri un altro intervento dell’interessante dibattito sulle origini della statua di Santa Maria a fiume, tanto cara ai ceccanesi. Ora è la volta dell’arch. Angeletti, in risposta all’avvocato Gizzi.

La riflessione a più voci arricchisce il dibattito! così l’amico Stefano, avv. Gizzi, introduce il suo intervento “Ceccano, la Statua di S. Maria a fiume è precedente ad Annibaldo”.

Si tratta di un parere contrapposto, come esordisce Gizzi: all’ipotesi autorevole, ma “ardita” di legare l’arrivo della Statua di Santa Maria a Fiume con il Giubileo del 1350. L’ipotesi autorevole ma “ardita” si riferisce a quanto ho presentato in un incontro, lunedì 8 dicembre, presso il salone parrocchiale della chiesa di S. Maria a fiume.

La prima tesi che Gizzi contesta, ritenendola assolutamente inaccettabile, per vari motivi, sarebbe che La Cronaca della Consacrazione di Santa Maria a Fiume non parla della Statua della Madonna.

Un magistrato molto noto qualche decennio fa avrebbe detto, in modo grezzo e brutale,: ma che c’azzecca!

Utilizzo questa infelice ma efficace espressione per precisare che tale tesi non è certo uscita dalla mia bocca. La Cronaca di Ceccano, ancora da molti detta erroneamente di Fossanova, al 25 luglio 1196, descrive la cerimonia di consacrazione degli altari della chiesa, soffermandosi puntualmente ai dati a queste riferiti. Non si tratta, infatti, assolutamente di un inventario della chiesa elencandone i beni, mobili e non, in essa contenuti.

Preciso al riguardo di essermi occupato con vari articoli della recuperata copia seicentesca della Cronaca, di cui sopra, trattando sulla stessa elementi innovativi e inediti…modestia a parte.

A lato di questa tesi, come detto, non mia Gizzi riferisce:

Innanzitutto, per il Diritto Canonico la Consacrazione della Chiesa può avvenire solo quando non solo la Chiesa è finita dal punto di vista architettonico, ma quando è provvista di tutte le suppellettili da altare (candelabri, Calici incensieri etc) e delle statue e Crocifissi relativi al culto all’interno della Chiesa in oggetto.

Questo vale fino ad oggi: ma già nel Medioevo, solo quando tutto era in ordine si procedeva alla Consacrazione dell’edificio di culto.

Non sono sicuramente un esperto di diritto canonico, nel quale sicuramente Gizzi lo è più di me, ma che con la consacrazione di S. Maria c’entra molto poco.

Mi riferisco alla Consacrazione della Chiesa che:

può avvenire solo quando non solo la Chiesa è finita dal punto di vista architettonico, ma quando è provvista di tutte le suppellettili da altare (candelabri, Calici incensieri etc) e delle statue e Crocifissi relativi al culto all’interno della Chiesa.

Molte inesattezze sono contenute in tale asserzione.

Ricordo a Gizzi che Giordano, al quale dobbiamo il restyling dell’edificio, era abate di Fossanova, e come a tutti noto dell’ordine cistercense, prima di essere già stato nominato cardinale all’epoca della consacrazione.

Rispondo riportando le parole di Bernardo di Chiaravalle fondatore della celebre abbazia di Clairvaux (Chiaravalle), di cui fu abate, e di altri monasteri cistercensi.

Nell’Apologia a Guglielmo, criticando gli eccessi dell’Ordine di Cluny, Bernardo rimprovera duramente la scultura, la pittura, gli ornamenti e le dimensioni eccessive delle chiese dei cluniacensi. Partendo dallo spirito cistercense di povertà e ascetismo rigoroso, arrivando alla conclusione che i monaci, che avevano rinunciato alle bontà del mondo, non avevano bisogno di niente di tutto questo per riflettere sulla legge di Dio.

Così le sue parole:

Mostri loro un bel quadro di qualche santo. Quanto più brillanti sono i colori, tanto più santificato sembrerà loro. C’è più ammirazione per la bellezza che venerazione per la santità. Così le chiese si adornano. Vediamo i candelabri di bronzo grandi, meravigliosamente lavorati. Qual è il proposito di tali cose? Guadagnare la contrizione dei penitenti o l’ammirazione degli spettatori? Se le immagini sacre non significano niente per noi, perché non economizziamo per lo meno sulla pittura?

Sembrerebbe un assoluto controsenso per il cardinale Giordano de Ceccano, sottolineo cistercense, abbia disatteso tali chiari principi del “fondatore” del suo ordine, per gli edifici religiosi.

Aggiungo comunque che è troppo breve il periodo intercorso dal decesso di Bernardo di Chiaravalle per disattenderli, come poi sappiamo essere invece avvenuto.

Chiuso questo argomento passo a qualche ulteriore indicazione questa volta da architetto, avendo studiato la questione della genesi costruttiva delle chiese, che non si limita a quelle dell’ordine cistercense.

Per essere meno parziale possibile riporto brani tratti da testi di architettura, che riferiscono del completamento dell’edificio religioso avvenuto dopo la consacrazione dell’altare maggiore.

Preciso però non trattarsi del caso della chiesa di S. Maria a Fiume che al momento della consacrazione degli altari era sicuramente completata, come si desume anche dall’improvvisa e imprevista entrata del conte Giovanni al suo interno.

Molto frequentemente sappiamo che:

La sequenza delle fasi costruttive:

[…] consacrazione degli altari conseguente al completamento del transetto, rendendo così – secondo la prassi dell’ordine efficiente la chiesa nel più breve tempo possibile. Nel corpo longitudinale dell’edifici, dove era prevista una 

Fossanova:

Il 18 giugno 1208 Innocenzo III consacrò l’altare maggiore della chiesa abbaziale; a questa data, tuttavia, i lavori non erano ancora conclusi. Una nuova importante fase edilizia, infatti, si avviò nella prima metà del XIII secolo, a seguito delle ingenti donazioni fatte all’abbazia da Innocenzo II e dall’imperatore Federico II di Svevia tra il 1221 e 1222.

S. Galgano:

Questo è tanto più logico in quanto- anticamente- questa parte dell’edificio religioso era sempre la prima parte ad essere costruita. Si iniziava, infatti, sempre dalle absidi. Vi si poteva così celebrare Messa alquanto prima del completamento generale dell’edificio, ricorrendo ad una prima consacrazione del tempio, qualora la parte del Santuario fosse funzionalmente completa. […] Anche nel caso della Basilica palermitana le absidi, come tradizione, furono costruite per prima.

Delucidato questo aspetto della genesi costruttiva delle chiese, che peraltro nell’incontro non avevo assolutamente trattato per S. Maria a fiume, colgo l’occasione per asserire con certezza, dalla lettura delle murature che quanto detto è comprovato per quella di S. Nicola.

Passo alla seconda obiezione di Gizzi:

ma i Conti di Ceccano, così potenti e così legati alla Chiesa di Santa Maria a Fiume, edificio “Sacrario” ed orgoglio della Casata, avrebbero lasciato quasi DUECENTO ANNI la loro Chiesa sprovvista di una Statua di Maria Santissima?

E nella Chiesa proprio dedicata a Santa Maria!

Pur avendo già risposto esaurientemente sulla questione mi permetto di utilizzare il metodo per le dimostrazioni matematiche.

Se anche fosse esistita una statua della Madonna in trono con Bambino abbiamo la certezza essere quella attuale?

Certo che no!

Gizzi avanza una sua personalissima ipotesi:

Un esame comparativo delle Statue della Madonna col Bambino, avvicina di più la Statua di Ceccano alla statuaria del XIII secolo, con la sua ieratica e solenne fissità delle forme, derivante dall’Arte Bizantina. Possibile che la Statua di Santa Maria a Fiume sia del XIII secolo? Se sì potrebbe essere un dono tardo del Cardinale Giordano de Ceccano alla fine del XII secolo o del Cardinale Stefano de Ceccano, in pieno XIII secolo.

Anche se credo di aver motivato che l’attuale statua non trovi collocazione in un dono “tardivo” del card. Giordano, deceduto 23 marzo 1206, ma neanche del card. Stefano, deceduto il 23 novembre 1227 (non certo pieno XIII sec), per essere cistercensi.

Ma ciò che suona paradossale è il risultato dell’esame comparativo dal quale risulterebbe derivare dall’arte bizantina.

Ad osare una simile conclusione per retrodatare l’attuale statua io non mi sarei assolutamente azzardato, per non averne cultura artistica specifica, come penso anche per Gizzi.

Ripeto solo quanto ho affermato nell’incontro cioè che sicuramente il dono di una statua di indiscutibile valore artistico che la contraddistingue dalle altre coeve restringe l’individuazione del donatore nel card. Annibaldo. Va ricordato che è legato pontificio, delegato papale, per il giubileo del 1350. Che inoltre la sua nomina a legato è molto vicina, solo qualche mese, all’apertura della Porta Santa, periodo troppo stretto per poter commissionarne una ad un artista di chiara fama e averne la realizzazione nel ristretto tempo.

Quindi un acquisto, transalpino, effettuato dal card. Annibaldo durante il viaggio verso Roma per l’apertura dell’Anno Santo, per dotare la chiesa, ius patronato della sua famiglia, nel paese natio di una pregevole statua della Madonna con Bambino.

Motivo che giustifica il legno di cirmolo, essenza tipica delle Alpi, e risponde alla considerazione di Gizzi cioè:

Importantissima riflessione finale, in merito al rapporto del Cardinale Annibaldo con le Arti: Nello stile pittorico sembra prediligere pittori all’avanguardia come Simone Martini, cioè pittori che con Giotto si affrancano dalla fissità bizantina, precedente a Giotto stesso. Perché il Cardinale Annibaldo, nei suoi gusti per la scultura, avrebbe dovuto portare o inviare a Ceccano una statua non conforme allo Stile rinnovato e al gusto “moderno”, presente già ad Avignone?

La “bizantinità” che era stata messa in ballo per anticiparne la datazione viene ancora ribadita nel tentativo di escludere il card. Annibaldo quale donatore.

Ma a questo punto ripetendo di essermi limitato solo a fissare con maggiore precisione la realizzazione nell’arco temporale individuato dal dott. Vitaliano Tiberia e dalla dott.ssa Alessandra Acconci, miei ex colleghi funzionari del Ministero della Cultura, sulla base di studi e comparazioni. Ricordo che il primo dei due storici dell’arte ha progettato e seguito, istituzionalmente, il restauro della statua.

Riporto i brani:

[…] questa scultura eseguita molto dopo i fatti descritti dalla Cronaca[…] l’analisi stilistica, fa stabilire per essa una datazione nettamente posteriore alla ricordata consacrazione della chiesa di Santa Maria a Fiume nel 1196 e cioè verso la fine del Trecento se non addirittura nei primi anni del XV secolo.[…]

La statua di Ceccano, dopo il restauro, si rivela opera ormai libera dagli influssi romanico-lombardi e bizantini […] Tornando alla statua ceccanese, vediamo che anche la definizione formale delle sue parti fa propendere per una datazione in direzione tardotrecentesca-primoquattrocentesca. Se da una parte, infatti, la salda volumetria dell’impianto, la forte matericità delle pieghe a triangoli ripetuti del panneggio rinviano all’autorevolezza della tradizione classica di Nicola Pisano e di Arnolfo di Cambio come pure a esemplari trecenteschi toscani, è altrettanto evidente che sia la solenne aulicità del volto sostenuto da luminosa ricchezza di modellato, sia il manto aperto sul davanti sia la leggerezza della veste sottostante molto scollata e il suo essere stretta da una cintura alta in vita che la fa ricadere in pieghe ben definite attestano una piena evoluzione formale sostenuta anche da inquivocabili riferimenti alla moda femminile tardotrecentesca-primoquattrocentesca.

Aggiunge Acconci:

[…] l’opera può in linea di principio postulare ascendenze su modelli di plastica monumentale transalpina di elevata qualità e datazione alta[…]

Caro Stefano penso non ci sia altro da aggiungere e di aver così arricchito il dibattito fugando ipotesi, tue, “ardite” ma fuorvianti.

Sempre con stima

Vincenzo


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