L’acquedotto di Callami e la fontana dei Delfini, l’arch. Angeletti ci offre un altro contributo alla storia di Ceccano


di Vincenzo Angeletti Latini

Caratteristica è l’abbondanza delle acque che sgorgano delle molte sorgenti presenti nel territorio,
oltre i due fiumi il Sacco e il Cosa che l’attraversano. Tra le fonti più note, e fin dall’antichità
frequentate, ricordiamo le principali: la fontana del Medico in via Matteotti, la fontana Morrecine
in via Maiura, la fontana del Gatto in zona Colle Alto, la fontana della Fica a Colle Pirolo, la fontana
della Grotta in via Cardegna, la fontana del Daino in zona Casette, la fontana dei Figoni in via Pezze
d’Ischia, la fontana Vallestramma e la sorgente Sindici, entrambe nella contrada di Casamarciano, la
fontana dei Piatti a Colle Ceci, la fontana San Luigi tra Colle Antico e Colle Pirolo, infine la fontana
del Pisciarello lungo via Gaeta. Da quest’ultima sgorgano acque minerali indicate per la cura di
malattie renali, con i medesimi caratteri terapeutici di quella di Anticoli (Fiuggi). Quella
dell’Armicondi, indicata per le malattie veneree e la fecondità maschile, è probabilmente già
dall’antico legata al culto di Ercole. Non manca l’acqua sulfurea che affiora nell’area compresa tra S.
Maria a Fiume e il Campo Sportivo.
Negli scavi delle ville romane, della Cardegna e di Campo Troiano (Cantinella), si sono trovati
elementi modulari in pietra forata che fungevano da rinforzo dei tubi in piombo in essi contenuti. Si
consolidavano così le giunzioni dei vari spezzoni di tubi saldati tra loro e, certamente, molto deboli
rispetto alla pressione esercitata dal carico idraulico, particolarmente nei punti di saldatura ottenendo
così una maggiore resistenza alla pressione dell’acqua.


Fino alla seconda metà dell’ottocento si ricorreva con appositi recipienti, il concone e la ricciola, a
prelevare direttamente dalle sorgenti, dai corsi d’acqua o fiumi, l’acqua per gli usi domestici. Il
recupero delle acque piovane assicurava ulteriori scorte, con discendenti, che dai tetti convogliavano
in cisterne il prezioso liquido, la cui “purezza” veniva assicurata escludendo la prima pioggia, che
puliva il tetto, e la decantazione che faceva depositare sul fondo le impurità. Un esempio è nel palazzo
Latini, nel quale dal quarto piano si attingeva, come ad un pozzo, direttamente dalla cisterna interrata
al piano terra su via Supportico Leo. Questa famiglia era nel XVIII sec. proprietaria di detto palazzo,
passato poi per successivi matrimoni dapprima agli Scifelli e infine ai Latini (famiglia di mia madre
Gaetana).

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