di Alberto Laggia, per http://www.famigliacristiana.it/
“Il dolore non si esprime, si vive”: e lui, fedele a questo principio, l’Apocalisse del Vajont l’ha vissuta, ma raccontata molto poco. Don Carlo Onorini, classe 1925, orgoglioso istriano, originario di Dignano, e attuale rettore della chiesa di San Rocco a Belluno, nel 1963 era il giovane parroco di Casso, paesino di 456 anime abbarbicato sulla riva del lago, proprio in faccia al monte Toc, che contò 26 vittime, più le 13 che la notte del 9 ottobre stavano a Longarone. Nella memoria i ricordi sono vivissimi, ma fanno male al cuore. “Le prime preoccupazioni serie in paese sorsero già nel 1960 dopo la prima grande frana che si staccò dal monte Toc, precipitando nell’invaso il 4 novembre”, inizia il sacerdote.
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