Un’immagine che cattura ciò che non è possibile vedere, ciò che non è osservabile direttamente e che mai lo sarà: i buchi neri sono corpi celesti, prodotti dal collasso gravitazionale che talvolta accompagna la morte di una stella, con un campo gravitazionale talmente intenso che non possono emettere nulla, neppure la luce, che viene anch’essa “inghiottita” al loro interno. Sono, appunto, neri. La loro esistenza, che può essere spiegata in base alla teoria della relatività generale di Einstein ma non in base alla fisica newtoniana, è stata per lungo tempo oggetto di interesse solo teorico, ma poi l’osservazione del comportamento di altri corpi celesti, che sembravano agire proprio come avrebbero agito se si fossero trovati in loro prossimità, ha rafforzato indirettamente la validità dell’ipotesi. E ora quest’immagine offre un sostegno veramente forte alla loro realtà, mentre sembra lasciar cadere – perché appunto incoerenti con i fenomeni osservati – altre ipotesi concorrenti, avanzate anche nell’ambito della stessa relatività einsteiniana. La corrispondenza tra quanto gli scienziati avevano immaginato – i loro modelli – e quanto sono riusciti a vedere è straordinaria e si capisce l’entusiasmo e l’emozione condivisi dalla comunità scientifica – nonché la riconoscenza nei confronti di Einstein, la cui profondità di sguardo (si potrebbe dire, attraverso l’occhio della mente) ottiene ora un’ennesima conferma empirica, a distanza di circa un secolo.

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