
L’ha voluto vedere ancora una volta il video dell’alluvione di quel novembre del ‘66. E all’ultima sequenza, quando la ruspa scava via il fango dal Lungarno, Franco Zeffirelli ha incrociato lo sguardo con il figlio Pippo e si è commosso. «Vedo ancora gli occhi della gente disperata che camminava nella melma — racconta il maestro — e le strade, le piazze, le chiese, i monumenti devastati dall’acqua nera e maleodorante. Firenze era una laguna, una Venezia sfigurata. Non c’erano strade e vicoli, ma canali di poltiglia putrida. E io, immerso con le gambe in quel mare, dicevo al cameraman che cosa doveva girare e scattavo foto piangendo».
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