Questa è l’unica e vera vita, la sola beata, perché in essa si godono le delizie del Signore per l’eternità, dopo di essere divenuti immortali e incorruttibili nel corpo e nell’anima. È la cosa alla quale va subordinata la domanda di ogni altro dono, l’unica che non si sbaglierà mai a chiedere. Chiunque avrà conseguito questa vita, avrà tutto ciò che vuole, né potrà desiderare colà di avere cosa che non conviene.
In essa infatti si trova la sorgente della vita, di cui ora dobbiamo aver sete quando preghiamo, finché viviamo nella speranza e non vediamo ancora quello che speriamo di vedere quando saremo sotto la protezione delle sue ali. Per ora poniamo dinanzi a lui ogni nostro desiderio di inebriarci dell’abbondanza della sua casa e di dissetarci al torrente delle sue delizie; perché presso di lui è la sorgente della vita e nella sua luce vedremo la luce (Cfr Sal 35,8-10). Quando poi il nostro desiderio sarà saziato di beni, non vi sarà più da chiedere con gemiti, ma solo da possedere con gioia.
Tuttavia siccome questa pace trascende ogni umana una intelligenza, anche quando la chiediamo nella preghiera, non sappiamo che cosa chiedere come si conviene. Ciò che non possiamo infatti immaginare come è in realtà, certo non possiamo dire di conoscerlo. Vi sono tante cose che noi rigettiamo, rifiutiamo, disprezziamo, quando la loro immagine si affaccia alla nostra mente. Sappiamo che non è ciò che cerchiamo, quantunque non sappiamo ancora come sia in realtà l’oggetto dei nostri desideri.
Vi è dunque in noi, per così dire, una dotta ignoranza, ma istruita dallo Spirito di Dio, che aiuta la nostra debolezza.
Dalla «Lettera a Proba» di sant’Agostino, vescovo
(Lett. 130, 14,27-15,28; CSEL 44,71-73)
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