
E’ pomeriggio e Igor, 14enne, sta davanti al suo computer a cercare online di tutto. Di più. Si imbatte in uno dei tanti video che racconta i molti modi pericolosi in cui si può vivere un’emozione forte, senza uscire da casa. Una sorta di sballo domestico, in cui ci si butta in azioni al limite della sopravvivenza, per provare sensazioni forti. Igor quelle emozioni forti le ha vissute dal vivo in bel altri contesti: è un rocciatore, figlio di un “climber” esperto dell’area milanese. Le emozioni dal vivo, nella sua giovane vita, non sono mancate come dimostra una bellissima – e ora a guardarla dolorosissima – fotografia che lo ritrae impegnato a scalare una roccia con mani e piedi come unico punto di presa sulla parete verticale su cui cerca appoggio.
Quel pomeriggio l’online propone a Igor qualcosa di molto pericoloso: si chiama blackout, o «gioco» del soffocamento”, una sorta di sfida con se stessi che consisterebbe in una specie di strangolamento volontario da spingere fino al limite della totale carenza di ossigeno, con possibile conseguente svenimento. Igor afferra una fune, che è solito usare in montagna, e segue le indicazioni del video stringendola come un cappio. Fino a svenire. Fino a morire.
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