di Enrico Di Pasquale, Andrea Stuppini e Chiara Tronchin
Onu e Unhcr hanno presentato le prime bozze dei Global compact su migrazione regolare e rifugiati. Perché nessun paese da solo può gestire il fenomeno e coglierne le opportunità e le sfide. Dubbi sulla distinzione tra rifugiati e migranti economici.
I Global compact della migrazione
Appena conclusa una campagna elettorale in cui l’immigrazione (e in particolare la paura di essa) è stato uno dei temi centrali, sarebbe opportuno tornare a riflettere sulla questione in termini globali, riconoscendo che nessun paese al mondo è in grado di gestire da solo situazioni così complesse.
Nel mese di febbraio Onu e Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) hanno presentato le prime bozze dei Global compact su migrazione regolare e rifugiati: due accordi internazionali ambiziosi e innovativi, purché si traducano in impegni concreti da parte degli Stati.
Il percorso che porterà entro la fine del 2018 all’adozione dei due accordi è cominciato nel settembre 2016 quando, con la Dichiarazione di New York, si è aperta la fase di negoziazione, volta a determinare principi e impegni comuni sul fronte di migrazione regolare e rifugiati. Nel corso del 2017 le Nazioni Unite, in collaborazione con Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e altre organizzazioni internazionali, hanno condotto una serie di consultazioni con attori locali e parti interessate. Si è giunti dunque a una prima bozza dei due documenti, contenente alcuni principi chiave che andranno successivamente approfonditi e tradotti in impegni concreti. L’obiettivo dichiarato è quello di migliorare la governance delle migrazioni, affrontando le sfide legate a quella attuale e valorizzandone il contributo allo sviluppo sostenibile. L’ambizione è invece quella di essere una pietra miliare nella storia del dialogo sulla migrazione globale.
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